VITTIMA DELLA MAFIA
24° Anniversario dell'uccisione di Rosario Livatino – Giudice “Ragazzino”
di Rosario Lo Faro
Tra le tantissime
vittime della mafia che, già, nei primi del Novecento, soccombevano sotto i
colpi di criminali senza scrupoli, è doveroso ricordare il giudice Rosario
Livatino, ucciso il 21 settembre 1990, mentre si recava al tribunale di
Agrigento, proveniente da Canicattì, dove vi nacque il 3 ottobre del 1952. Laureatosi
col massimo dei voti e lode in giurisprudenza, all’età di 22 anni entrò in
magistratura e, grazie alla sua determinazione e coraggio, si impegnò,
attivamente, in inchieste sulla mafia dell’agrigentino, di Porto Empedocle e di
Palma di Montechiaro.
Il “giudice ragazzino”,
così fu denominato per la sua giovanissima età, venne trucidato dagli
‘stiddari’, uomini appartenenti ad un’organizzazione mafiosa e il cui nome
veniva affidato a coloro i quali, appunto, “dormivano sotto le stelle”. Gli
esecutori dell’omicidio furono condannati all’ergastolo. I loro nomi, Paolo
Amico, Domenico Pace, Giovanni Avarello e Gaetano Puzzangaro, vennero
individuati grazie al super testimone Pietro Ivano Nava, di Sesto San Giovanni,
che vide la disperata fuga a piedi del giudice nella campagna dove uno dei
sicari lo raggiunse sparandogli, ancora, per finirlo. Il 16 ottobre 2001 la
Cassazione confermò la condanna all’ergastolo per Salvatore Gallea e Salvatore
Calafato accusati di essere i mandanti dell’omicidio.
Un processo canonico,
istituito dalla curia di Agrigento, è, ancora, in atto e lo stesso Papa
Giovanni Paolo II lo definì martire della giustizia e, indirettamente, della
fede. Grande onore a questi italiani che hanno creduto ad una giustizia vera e
patriottica, consapevoli di condurre battaglie verso un sistema che,
certamente, li avrebbe condotti alla morte. La cosa certa è che il loro credo
ha lasciato un segno indelebile alla lotta per la libertà sociale
dell’individuo.
|