RECENSIONE
Mek Zodda – A pittinissa
di Alfonso Saya
Del poeta Mek Zodda,
ciò che convince, è stato ben detto dall’indimenticabile critico letterario Gaetano
Arnò, è la sua attitudine di esprimersi in dialetto siciliano, gli è
congeniale, è lo strumento con cui riesce ad evidenziare, con una “eccezionale
forza espressiva” che è la forza del suo cuore, i vari aspetti di cui è
intessuta la vita. Il dialetto, la nostra lingua, “lo fa parlare”, lo riempie,
davvero, di tutta la sua travolgente carica emotiva ed espressiva.
Paradigmatica è la poesia “A pittinissa”,
il suo capolavoro che ha avuto un grande successo. Il poeta, con genialità,
focalizza la scena del rinvenimento di una “pittinissa” in un groviglio di cose
vecchie e impolverate, “da tanti anni
suli e abbandunati”. Con grande emozione e sorpresa, “cumpariva’nto menzu a sta munnizza na bedda pittinissa”. È stata
tanta la gioia, gli sembrava di aver trovato la cosa più preziosa del mondo,
perchè aveva un grande valore affettivo: “Doru
mi pariva, avia i denti d’ossu appuntiti... cu cacchi capiddu ancora’nturciniatu...”. Quella “pittinissa” con tanta, struggente nostalgia, gli richiama il passato “purtroppu
tramuntatu”, vede la persona più cara, vede la mamma... che l’ha usata, si
scatena la “piena” dei sentimenti e dal suo cuore esce un’esclamazione di gioia
e di dolore: “Oh pittinissa, rigina da me
terra/paci du me cori trafittu e adduluratu”. La Patria e la mamma si
uniscono, s’intrecciano in un solo palpito in un unico sentimento. Il nostro poeta,
richiama una vecchia e sempre nuova, struggente canzone: “L’amore del paese e della mamma, è una gran fiamma che brucia il
cuore...” Guardando quella “Pittinissa”,
ritorna la Poesia del passato e si accendono, ripeto, nel cuore del poeta come “un
solo palpito”, l’amore del paese e della mamma.
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