Da anni,
ormai, mi diletto nella stesura del colore attraverso l’aerografo. Un oggetto,
per tanti, misterioso e, spesso, associato a lavori di computer grafica o non
del tutto manuali.
“Aerografo”?
Sì, aerografo! L’aerografo non facilita il disegno, non aiuta chi non sa
disegnare e non fa il tuo lavoro: è un pennello a tutti gli effetti e non permette
di entrare a contatto con la tela se non attraverso una miscela di aria e
colore. Non nascondo che, anche, per me fu uno shock scoprire, tramite delle
illustrazioni di Alberto Ponno, la capacità di esprimere, al meglio, l’arte del
trompe l’oeil (termine francese che significa “inganna l’occhio”), attraverso sfumature ben fatte e, quasi,
invisibili, insomma, realizzazioni, così, perfette da sembrare fotografie. Questo
mi spinse a comprare il primo aerografo e a dilettarmi, peraltro, con scarsi
risultati su tele, legno, metalli, etc.
Esistono
diverse tecniche per usare l’aerografo, ma vorrei parlarvi, innanzitutto, della
storia che accompagna la creazione e l’uso dell’oggetto in tema.
L’aerografo
fu inventato nel 1879 da un eccentrico gioielliere dello Iowa (USA) Abner
Peeler, che assemblò i seguenti oggetti:
• un
cucchiaino;
• un ago
per macchina da cucire;
• un
cacciavite piegato;
• dei
vecchi tubi per saldatura e del metallo piegato.
Queste
parti furono poste su dei pezzi di legno e collegate a un compressore con pompa
a mano di sua invenzione. Il tutto fu chiamato distributore di colore (paint
distributor) e venne usato per dipingere ad acquarello e per altre tecniche
pittoriche. Nelle foto, che vi propongo, potete vedere una ricostruzione di
questo primo prototipo.
Il
principio era quello che viene, oggi, utilizzato nel Paasche AB Turbo. L’afflusso
dell’aria veniva regolato dalla “leva” in metallo, che qui vedete:
questa – tenuta in posizione da una linguetta metallica che fungeva da molla –
premeva sul tubo di gomma in modo che esso andasse a chiudere un’apertura
praticata nel tubo d’ottone. Premendo la leva dalla parte opposta l’aria
entrava nel tubo d’ottone, azionava una turbina e, tramite questa, l’ago,
facendolo, così, muovere ad alta velocità. Questo sfiorava il beccuccio di un
serbatoio di colore, mentre un altro condotto portava l’aria a soffiare sul
beccuccio.
Abner Peeler
fu il genio inventivo dietro il primo aerografo: uno dei molti eroi sconosciuti
del suo tempo, proveniente da una famiglia di gioiellieri di professione e
inventori, a tempo perso. Ha progettato, anche, macchine per cucire, sviluppato
una prima versione della macchina da scrivere (20 anni prima del primo brevetto
ufficiale) e ha, anche, progettato armi ad aria silenziose, che vennero
considerate armi “ingiuste”, perché non udibili dal nemico quando sparavano!
Il vero
padre dell’aerografo fu Liberty Walkup che comprese le potenzialità dello
strumento e che, insieme al fratello Charles, nel 1882, acquistò il brevetto ed
il prototipo originale da Abner Peeler.
In quello
stesso anno, una versione migliorata del prototipo di Peeler venne messa in vendita
dai due fratelli. Walkup è l’inventore della parola airbrush, infatti, nel 1883 fondò la Airbrush Manifacturing Company e nel 1885 iniziò la produzione in
serie dell’aerografo che, da lui, prende il nome, anche’esso a turbina, molto
più piccolo, compatto e maneggevole.
Con il Walkup Air Brush (nella foto) appare,
per la prima volta, anche la leva a doppia azione.
Eccovi un’immagine
del meccanismo interno del Walkup, al quale si accedeva aprendo lo sportellino
frontale.