RECENSIONE
Tra i Buscaini della foresta di Zafarana
di Redazione
Tra i Buscaini della
foresta di Zafarana, questo è il titolo dell’ultima fatica
editoriale di Nino Quattrocchi, nato a Bafia di Castroreale (ME), nel 1962,
dove vive con la sua famiglia. Il suo lavoro lo porta a operare tra Bafia,
Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo, è dottore in Scienze Forestali, libero
professionista, nonché docente di Estimo e Scienze Agrarie nelle scuole
superiori. In tutti i suoi scritti, l’aspetto etno-storico-antropologico, quasi
sempre presente, è frutto di una nascosta e incontrollabile pulsione che con
prepotenza ha il sopravvento e gli prende la mano accompagnando così il lettore
lungo i sentieri della storia locale, di quella storia “vera” vissuta dai
nostri avi. Indagare nella storia di un territorio e delle sue genti,
indubbiamente, consente a ogni ricercatore di godere della bellezza del sapere
antico, il più delle volte custodito in documenti tarlati e scoloriti dal
tempo, mentre in altre circostanze si trova incapsulato nei meandri della
memoria umana.
Ed
è proprio dalla memoria umana che l’autore trae tutte le informazioni per
costruire, passo dopo passo, il suo saggio. Da sempre, la ricerca del sapere ha
spinto l’uomo ad andare oltre il proprio naso, ma l’opera di Nino Quattrocchi
non vuole solo essere oggetto di sapere antico, ma è anche un susseguirsi di
vicende di una comunità dimenticata. Egli s’immerge in un lontano passato,
passato che rivive alla luce della modernità con qualche nota di rimpianto
forse, ma sicuramente con un po’ di commozione, quella stessa commozione che si
prova quando con il pensiero si torna indietro nel tempo ricordando gli anni
della nostra gioventù. Nino ci conduce per mano indietro nel tempo ripercorrendo
momenti di vita vissuta dai nostri antenati. Ha saputo cogliere e far rivivere
attimi e momenti di vita quotidiana di una popolazione importante, quale quella
dei Buscaini, comunità di contadini e di pastori dell’entroterra di
Castroreale, Bafia e Catalimita, nel messinese, che, per millenni, avevano
vissuto all’ombra della Foresta della Zafarana, un esteso feudo situato in
prossimità della dorsale peloritana, frammento della Foresta Linaria, nonché
cuore del Valdemone e del quale le notizie archivistiche si spingevano fino al
basso Medioevo.
Il libro è anche un viaggio nell’Arte Primitiva dei Pastori dei
Peloritani – come dice Nino – attraverso la variegata opera scultorea di don
Peppino Catàlfamo, dalle sue genti intitolato Il Magnifico. Le sculture di don Peppino Catàlfamo sono la sintesi
di seimila anni di Arte. Poiché il legno è un materiale “vivo”, soggetto a
modificarsi per dimensioni e forma al variare della temperatura e dell’umidità,
esso veniva ricavato da vecchi alberi abbattuti nelle fasi vegetative dell’autunno
e dell’inverno (quando minore è la risalita della linfa), in quanto più
compatto e meno corruttibile del legno di taglio primaverile. Per
quanto riguarda gli utensili legati all’esecuzione delle sculture lignee, essi
si suddividono in due categorie: gli strumenti da sgrossatura (asce e seghe di
vario genere, scortecciatori, piallacci e attrezzi da spacco) e quelli per l’intaglio
(scalpelli, sgorbie e piccole lame da taglio) destinati alla definizione della
superficie.
Numerose sono le opere prodotte da don Peppino Catàlfamo, quanto
prima sarà possibile apprezzarne il valore artistico-simbolico a Bafia, all’interno
di un piccolo museo etno-storico che il Comune di Castroreale sta approntando.
Con la pubblicazione I Buscaini della
Foresta di Zafarana, della quale oltre a esserne l’autore è anche l’editore,
il prof. Nino Quattrocchi ha voluto regalare alla nostra comunità un saggio
unico nel suo genere che alla luce anche del citato riconoscimento ha lasciato
tutti a “bocca aperta”, destando non poco stupore e meraviglia.
Paolo Faranda e Silvia De Simone
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