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 mercoledì 22 aprile 2015

RECENSIONE

Tra i Buscaini della foresta di Zafarana

di Redazione


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Tra i Buscaini della foresta di Zafarana, questo è il titolo dell’ultima fatica editoriale di Nino Quattrocchi, nato a Bafia di Castroreale (ME), nel 1962, dove vive con la sua famiglia. Il suo lavoro lo porta a operare tra Bafia, Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo, è dottore in Scienze Forestali, libero professionista, nonché docente di Estimo e Scienze Agrarie nelle scuole superiori. In tutti i suoi scritti, l’aspetto etno-storico-antropologico, quasi sempre presente, è frutto di una nascosta e incontrollabile pulsione che con prepotenza ha il sopravvento e gli prende la mano accompagnando così il lettore lungo i sentieri della storia locale, di quella storia “vera” vissuta dai nostri avi. Indagare nella storia di un territorio e delle sue genti, indubbiamente, consente a ogni ricercatore di godere della bellezza del sapere antico, il più delle volte custodito in documenti tarlati e scoloriti dal tempo, mentre in altre circostanze si trova incapsulato nei meandri della memoria umana.

Ed è proprio dalla memoria umana che l’autore trae tutte le informazioni per costruire, passo dopo passo, il suo saggio. Da sempre, la ricerca del sapere ha spinto l’uomo ad andare oltre il proprio naso, ma l’opera di Nino Quattrocchi non vuole solo essere oggetto di sapere antico, ma è anche un susseguirsi di vicende di una comunità dimenticata. Egli s’immerge in un lontano passato, passato che rivive alla luce della modernità con qualche nota di rimpianto forse, ma sicuramente con un po’ di commozione, quella stessa commozione che si prova quando con il pensiero si torna indietro nel tempo ricordando gli anni della nostra gioventù. Nino ci conduce per mano indietro nel tempo ripercorrendo momenti di vita vissuta dai nostri antenati. Ha saputo cogliere e far rivivere attimi e momenti di vita quotidiana di una popolazione importante, quale quella dei Buscaini, comunità di contadini e di pastori dell’entroterra di Castroreale, Bafia e Catalimita, nel messinese, che, per millenni, avevano vissuto all’ombra della Foresta della Zafarana, un esteso feudo situato in prossimità della dorsale peloritana, frammento della Foresta Linaria, nonché cuore del Valdemone e del quale le notizie archivistiche si spingevano fino al basso Medioevo.

Il libro è anche un viaggio nell’Arte Primitiva dei Pastori dei Peloritani – come dice Nino – attraverso la variegata opera scultorea di don Peppino Catàlfamo, dalle sue genti intitolato Il Magnifico. Le sculture di don Peppino Catàlfamo sono la sintesi di seimila anni di Arte. Poiché il legno è un materiale “vivo”, soggetto a modificarsi per dimensioni e forma al variare della temperatura e dell’umidità, esso veniva ricavato da vecchi alberi abbattuti nelle fasi vegetative dell’autunno e dell’inverno (quando minore è la risalita della linfa), in quanto più compatto e meno corruttibile del legno di taglio primaverile. Per quanto riguarda gli utensili legati all’esecuzione delle sculture lignee, essi si suddividono in due categorie: gli strumenti da sgrossatura (asce e seghe di vario genere, scortecciatori, piallacci e attrezzi da spacco) e quelli per l’intaglio (scalpelli, sgorbie e piccole lame da taglio) destinati alla definizione della superficie.

Numerose sono le opere prodotte da don Peppino Catàlfamo, quanto prima sarà possibile apprezzarne il valore artistico-simbolico a Bafia, all’interno di un piccolo museo etno-storico che il Comune di Castroreale sta approntando. Con la pubblicazione I Buscaini della Foresta di Zafarana, della quale oltre a esserne l’autore è anche l’editore, il prof. Nino Quattrocchi ha voluto regalare alla nostra comunità un saggio unico nel suo genere che alla luce anche del citato riconoscimento ha lasciato tutti a “bocca aperta”, destando non poco stupore e meraviglia.

Paolo Faranda e Silvia De Simone


 


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