STORIA
Messina dalle sue origini (IV parte)
di Filippo Scolareci
Gli Zanclei, arrivati nella
“terra del sole”, con la sua meravigliosa posizione, con la funzione dello
Stretto come grande arteria di traffico marittimo, si trovarono di fronte a
fantastici luoghi inseriti in un primitivo contesto inimmaginabile, pur se già
reso noto dalla poesia dei canti omerici che esaltavano i miti di Scilla, Cariddi
e le ammalianti sirene. Quel magico ambiente riusciva a catturare anche gli
animi meno sensibili, acquisendo una importanza eccezionale in considerazione
anche delle esigenze connesse ai collegamenti
tra la madre Patria (Grecia) e gli ulteriori stanziamenti o siti
preesistenti che si trovavano in tutta quell’area delle diverse regioni del
mondo Mediterraneo ed in modo particolare sulle coste di quel meridione
d’Italia, che successivamente verrà definito “La Magna Grecia”, senza
tralasciare le eventuali prospettive dei pedaggi che sarebbero potuti scaturire
dalle soste commerciali, che qui avrebbero fatto scalo.
Nel frattempo, per arginare gli
stanziamenti di Cartagine e la sua concorrenza mercantile, avvalendosi della
partecipazione di profughi siracusani, gli Zanclei nel 649-48 a.C. vanno a
fondare anche Himera nella collina ad ovest della foce del fiume omonimo nei
pressi dell’attuale Termini Imerese (Tucidide oltre ad indicare gli ecisti a
capo della missione, che avevano il compito di distribuire con criteri di
equità i terreni acquisiti con la fondazione, cita anche la partecipazione di
alcuni elementi provenienti da Siracusa). Da questi ulteriori insediamenti
in poi, la città di Zancle che già aveva un suo ben delineato profilo politico
e commerciale, con il completamento dell’arrivo dei coloni Ellenici, Cumani,
Calcidesi, Naxi, Eretri, e così via, è stata costretta a mutare la forma
governativa precedente in una oligarchia di tipo tissocratico, cioè retta dai
proprietari terrieri, operatori economici
e dai commercianti. Questo tipo di governo durò un
secolo, ma in seguito proprio perché il potere era solo nelle mani dei ricchi,
scaturì un malcontento generale, sia tra gli indigeni (Siculi) in quanto si
sentivano espropriati ed esclusi, come pure tra i nuovi coloni che purtroppo
non venivano considerati in quanto ultimi arrivati (come dire chi tardi arriva
male alloggia).
Dopo avere completato la
fondazione della città di Himera nel 649-648 a. C., con l’arrivo di molte altre
popolazioni giunte sulle rive dello stretto provenienti dalla Grecia, i potenti
che già amministravano le sorti della città di Zancle, con un sistema di potere
timocratico, (potere detenuto da pochi agiati) che durò un secolo circa, per
evitare rivolte, conseguentemente ad un serpeggiante malcontento generale, si
trovarono costretti ad accettare un sistema di governo più democratico, nel
quale fecero partecipare non solo gli indigeni locali, ma anche i nuovi
arrivati, cercando di distaccarsi il più possibile a non imitare i governi di
origine dei gruppi etnici di provenienza, che erano in massima parte costituiti
e guidati da tiranni.
In sostanza, tenendo presente
l’oppressione che avevano subito a suo tempo dagli aristocratici nei paesi di
origine, questa riforma prevedeva che tutti gli uomini di qualsiasi ceto
sociale potevano benissimo ambire e partecipare al consiglio dei cittadini,
anche se in rappresentanza della propria etnia di appartenenza, e comunque
nell’interesse generale della città di Zancle. In ultima analisi, ciò limitava
moltissimo l’operato del reggente o degli
eventuali reggenti. Pertanto, l’immagine di Zancle, nel corso del VI
secolo a. C., si evidenziava come quella di una città retta da una forma di
oligarchia, ma ampiamente più democratica, infatti, Erodoto conferma che la sua
costituzione in effetti fosse proprio sotto questa forma, in quanto a reggere o
a dirigere le sorti della Città erano preposti 300 cittadini.
Durante questa fase, lo sviluppo
del commercio marittimo contribuiva in massima parte nella crescita della
struttura sociale della città. Gli abitanti di Zancle, incrementarono le
possibilità dello scambio in modo particolare con la patria originaria, alla
quale, pur se per l’epoca, molto lontana e fuori dalla sua giurisdizione, si
sentivano in qualche modo ad essa legati sia spiritualmente che negli usi e
costumi. Tuttavia non disdegnavano i rapporti commerciali con gli Etruschi che
offrivano i loro bronzi ed il ferro dell’isola d’Elba, ne quelli con i
Cartaginesi che portavano la porpora da Tiro, le stoffe preziose ed i profumi
d’Oriente, gli articoli di vetro, il rame e la lana dalla Spagna ed anche con
gli altri paesi dell’area del Mediterraneo.
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