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 sabato 1 novembre 2014

REATI

Furto semplice: esiste ancora?

di Olga Cancellieri


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“Mettete un ladro bene in vista, agirà come un uomo onesto” – Honoré de Balzac; “Ladro. Termine popolare per designare una persona che ottiene con successo la proprietà altrui” – Ambrose Bierce; “L’occasione fa l’uomo ladro, ma l’occasione altrui può farlo derubato” – Roberto Gervaso. Con tali aforismi si vuole tentare di affrontare con ironia un tema delicato, provando ad avere verso il tema del furto un approccio sereno, senza indulgere in eccessive simpatie verso chi priva gli altri di un bene, anche se lo fa con intelligenza e destrezza. Bisogna domandarsi se il furto semplice, di cui al primo comma dell’art. 624, sia un istituto giuridico ormai quasi inesistente. Commette furto, infatti, chiunque s’impossessi della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene. Per detenzione, solitamente, s’intende una relazione tra “soggetto passivo” e “cosa”, che è presupposto essenziale del furto.

Ormai si ritiene che la vittima del furto non debba, necessariamente, essere il proprietario del bene sottratto, ma potrebbe essere anche colui che ne ha la detenzione, quindi punendo il furto non si tutela solo la proprietà, ma anche il semplice possesso del bene. Il nostro codice penale prevede numerose ipotesi di furto aggravato, giustificate, correttamente, dalla maggiore pericolosità sociale della condotta delittuosa. Si pensi ai casi di furto realizzato con violenza sulla cosa (dove spesso al furto si aggiunge anche il reato di danneggiamento); uso di mezzi fraudolenti (perciò con una maggiore aggressività nella condotta dell’agente), ci si riferisce sia ad uno strumento (una chiave, una spranga) oppure uno stratagemma diretto a superare l’ostacolo (artificio o raggiro) che l’avente diritto abbia posto a difesa del bene.

Sono, poi, frequentissime le ipotesi di furto in abitazione e furto con strappo (oggi figure autonome di reato all’art. 624 bis), il cui notevole allarme sociale, dovuto non solo all’elevata riscontrabilità pratica, è del tutto evidente, in quanto nel primo caso l’individuo viene violato nella propria privata dimora dove si svolgono i propri interessi e, soprattutto, i propri affetti, che dovrebbe essere per ciò solo inviolabile (art. 14 Cost.), e nel secondo caso il bene viene “strappato” al possessore (il c.d. “scippo”) con violenza, che, sebbene rivolta alla cosa e non alla persona (altrimenti parleremmo di rapina), resta comunque un’azione gravissima, si pensi se a subirla è un anziano che ha appena preso la pensione, o una giovane donna privata di un monile di grande valore affettivo oltre che economico.

Infine, il legislatore prevede due ipotesi di furto più lieve, il c.d. “furto d’uso”, in cui si ruba un oggetto solo per un uso temporaneo e poi lo si restituisce, e l’ipotesi di spigolamento abusivo (rubare nei fondi altrui prima del raccolto). Per dare una risposta al nostro interrogativo iniziale si può concludere affermando che il furto, così come configurato dall’articolo 624 c.p., è un reato previsto dall’ordinamento giuridico, ma quasi mai contestato ab origine dalle varie Procure della Repubblica, in quanto è difficile immaginare un furto senza destrezza, o senza l’uso di violenza sulle cose, o senza armi o narcotici sia pur inutilizzati, o senza strappo.


 


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