A
partire dall’anno in corso, tutti i Paesi della Comunità Europea calcoleranno
anche le attività illegali, nella regola di contabilità, per determinare il PIL
(Prodotto interno lordo).
Questo
porterebbe le stime di produttività del nostro Paese al rialzo di almeno 1 o 2
punti percentuali.
L’Istat
riconosce come la misurazione delle attività illegali sia “molto difficile, per l’ovvia ragione – spiega – che esse si sottraggono a qualsiasi forma di
rilevazione, e lo stesso concetto di attività illegale può prestarsi a diverse
interpretazioni”. “Ecco che – aggiunge – allo scopo di garantire la massima comparabilità tra le stime prodotte
dagli stati membri, Eurostat ha fornito linee guida ben definite. Le attività
illegali di cui tutti i Paesi inseriranno una stima nei conti (e quindi nel
Pil) sono: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e
contrabbando (di sigarette o alcol)”.
Le
ultime stime dedicate risalgono al 2008 e indicano come il valore aggiunto
prodotto nell’area del sommerso sia compreso tra un minimo di 255 e un massimo
275 miliardi di euro.
Il
peso dell’economia sommersa è, quindi, stimato tra il 16,3% e il 17,5% del Pil.
Insorgono
le associazioni di categoria a tutela dei consumatori, che ritengono la novità
come “Una trovata di cattivo gusto che
eleva le attività illegali, in mano alle mafie, al rango di produttrici di
ricchezza nazionale”.