Quando si dice “vita da cani” a
me viene da ridere, non ci credo proprio e, se guardo anche molti miei simili,
ho conferma del mio convincimento. La vita che facciamo noi è da gran “signori”
e sfido chiunque a dire il contrario.
Ve ne racconto una per rendervi
partecipi del mio giudizio e poi ci risentiamo…
La settimana scorsa, i miei...
ehmm... genitori adottivi si sono recati in Campania per partecipare ad un
matrimonio. Nei giorni precedenti la partenza, il primo pensiero non è stato
rivolto agli abiti da indossare, al regalo o al viaggio, ma a me che sono un
minuscolo batuffolo di pelo nocciola. “Prima
di muoverci, dobbiamo trovare una soluzione per Gigio” (questo è il mio
diminutivo, consentito solo ai parenti) – così sentenziava la mia “mamma” – “altrimenti io non mi muovo, dobbiamo trovare
un albergo dove non fanno storie e una baby… pardon… dog sitter a cui affidarlo
quando saremo alla cerimonia”.
Con questo chiaro di luna, potete
bene immaginare che il protagonista dei tre giorni sono stato io. Attrezzati di
tutto punto siamo partiti, in macchina, e la mia mamma, pensate, mi ha tenuto
sempre sulle sue gambe, in una specie di borsello imbottito comprato,
appositamente, per il viaggio. Senza badare a spese.
Si preoccupava di farmi scendere
alla stazione di servizio per fare pipì, per darmi la pappa, per farmi bere e
mi accarezzava temendo che io mi stancassi. Forse non lo sapete, ma sono
ultracentenario, anche se, di primo acchito, sembro uno appena nato con i miei
1800 grammi di peso. A dire il vero, ho fatto un viaggio molto comodo, ma non
finisce qui. In giro per Napoli non vi dico quante coccole, anche dai passanti,
e quante cose belle ho visto. A Sorrento poi, che meraviglia! Quando mi hanno
fatto fare quattro passi a… piedi (?) mi sono sentito davvero rinascere e anche
se era l’una di notte avevo gli occhi accesi come due lampadine perché ne
girano belle cagnette da quelle parti!
Una piccola sofferenza, a volere
essere onesti, mi è toccata il giorno del matrimonio. Sono rimasto chiuso in
camera, attrezzato di tutto, però, per alcune ore. Ogni tanto, venivano a
trovarmi per accertarsi del mio stato, ma cosa potevo fare? Mi sono mostrato
tranquillo. Ho stretto i denti, si fa per dire, ne ho pochini ormai, ed ho
aspettato che finisse la cerimonia. Certo, dopo li ho avuti tutti intorno a
chiedermi scusa per avermi lasciato in balia di un’addetta all’albergo che si è
guadagnata una lauta mancia.
Al rientro nella nostra città, la
mia mamma ha detto: “Esperimento
riuscito. Gigio ha fatto il bravo, ormai può fare parte del gruppo-gita”.
Ora, ditemi voi se questa è vita
da cani! Quella che ha sofferto, se così si può dire, è stata la mia padrona
che non ha staccato gli occhi da me e i miei… ehmm… fratellini che si sono
alternati nel trasportarmi “a spalla” dentro un borsello firmato… “Roger”.