CITTADINANZA EUROPEA
Europa: l’Unione delle diversità
di Valentina Sturiale
La “cittadinanza europea” si
potrebbe considerare come il frutto di un contratto sociale europeo cui tutti i
cittadini degli Stati membri, di comune accordo, hanno dato vita. Tuttavia,
sembra impossibile condividere due identità nazionali: non ci si può sentire
Italiani, Francesi, Spagnoli e, allo stesso tempo, anche Europei, perché spesso
gli interessi del singolo Stato non coincidono con quelli dell’Unione dei
restanti Paesi. Che cosa, dunque, è utile a una Nazione e all’Europa nella sua
interezza? “Non nobis solum nati sumus”
(“Non siamo nati solo per noi stessi”,
Cicerone, De officis). Il pensiero è ripreso da Montesquieu che affermava: “Se sapessi una cosa utile alla mia nazione,
ma che fosse dannosa per un’altra, non la proporrei al mio principe, poiché
sono un uomo prima di essere un francese o, meglio, perché io sono,
necessariamente, un uomo, mentre sono francese solo per combinazione”.
Per far comprendere meglio il
concetto d’identità si può citare un paradosso famoso, quello della nave di
Teseo, conservata nel corso degli anni, sostituendone le parti che si
deterioravano. Quando tutte le parti erano state sostituite, la nave mantenne
la sua forma originaria. Ora, se la nave è stata, completamente, sostituita, ma
allo stesso tempo è rimasta uguale, l’entità, modificata nella sostanza, ma
senza variazioni nella forma, ci si chiede se si possa definire la stessa o
solo qualcosa che le somiglia. Questo paradosso aderisce, perfettamente, alla
situazione Europea degli ultimi decenni. Nell’Arte del Romanzo, Milan
Kundera definisce l’europeo come un nostalgico di un’Europa che non esiste più,
ma è ancora ciò che ci lega. Naturalmente, non sempre possiamo parlare di “tradizioni
europee” comuni, poiché l’Europa comprende più Stati, con culture molto diverse
tra loro, spesso in competizione. Culture che, tuttavia, sono nate da un unico
progenitore: la Grecia.
La parola “Europa” deriva proprio
da un mito della tradizione greca: la principessa Europa, figlia del re dei
Fenici, che venne rapita da Zeus, sotto forma di toro, e trasportata fino all’isola
di Creta, dove generò tre figli, tra i quali Minosse, re di Creta. Adesso
tuttavia, la situazione è valutata diversamente. Viviamo in un mondo, dove si
guarda al pratico, all’utile, alle leggi del mercato. Ma non si può valutare un
Paese solo dalla sua economia, non tener conto di altre dimensioni, come la
qualità di vita, l’accesso all’istruzione e alle cure, l’esistenza di uno stato
di diritto e, soprattutto, l’arte, la storia e la cultura. Non si può pensare a
un’Europa senza Grecia, senza Italia, o senza Spagna. L’Europa è uno spazio in
cui più Paesi e più persone si confrontano non solo sul piano economico, ma
anche culturale. Riprendendo il paradosso della nave, si può dire che dobbiamo
tradire la forma per mantenere intatta la sostanza. La grande innovazione della
civiltà latina è stata la capacità di saper inglobare i propri nemici, invece
di distruggerli. Allo stesso modo, l’Europa deve conservare l’identità culturale
dei singoli Stati. Non si può pensare di unificare, per esempio, la lingua in
tutta Europa, cancellando con un colpo di spugna le restanti lingue e
letterature. La bellezza dell’Europa sta nella sua diversità, che non la divide,
ma la completa. Esisterebbe un’Italia che non può leggere Dante? Una Spagna che
non può leggere Cervantes? L’Europa costituisce l’unione delle diversità.
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