“… La caccia per me è una
passione, ma anche un’arte di vivere che offre possibilità di partecipare ai
grandi concerti della natura e ha momenti di convivialità, indispensabili all’equilibrio
dell’uomo…”.
Perché
l’uomo moderno – e il discorso è rivolto soprattutto ai giovani – possa
difendersi dalla degradazione fisica della vita sedentaria, impostagli dal
processo di civilizzazione, è necessario che riscopra il piacere della fatica,
il gusto di misurarsi contro se stesso e la propria pigrizia.
Gli
occorre, però, uno scopo, una molla che lo spinga a far ciò che né il medico,
né lo spauracchio di un precoce invecchiamento riuscirebbero ad imporgli. Una
di queste molle è, sicuramente, la caccia.
Questa
parola richiama, immediatamente, il concetto di cattura, di uccisione di
animali con armi, trappole, reti o altri animali all’uopo addestrati.
Però,
su questo modo primitivo d’intendere la caccia – che implicava all’origine lo
scopo della difesa delle persone o degli averi (animali domestici, coltivazioni…)
o della ricerca degli alimenti – prevale oggi quello di concepire la caccia
come un’ottima occasione di esercizio fisico, di sano impiego del tempo libero
nel mondo ritrovato della natura.
Per il
cacciatore di rango, l’andare a caccia e il cerimoniale ad essa connesso,
rappresentano solo un pretesto, dietro al quale risiede, invece, un fatto
culturale di rilevante importanza quale il riassaporato contatto con la natura,
sempre più dimenticata o forestiera. La caccia rappresenta, inoltre, per il
cittadino, l’operaio della catena di montaggio, l’insegnante, il
professionista, un mezzo di evasione totale dalla stressante routine
giornaliera, ma soprattutto una fonte di distensione psichica.
Infatti,
il cacciatore si spoglia delle sue preoccupazioni, stanchezze, malevoglie sin da
quando comincia i preparativi che acquistano per lui il valore di un magico
rituale. Poi si arriva al tuffo nella natura. Ancora non è l’alba ed egli è già all’aria aperta, che sia di campagna, o di
collina, o di montagna, in un’atmosfera pulita, frizzante, esaltante.
Con lo
scopo-pretesto di trovare la selvaggina, cammina per ore e ore attraverso i
campi, canneti, brughiere, fitte boscaglie, affronta salite e discese, scavalca
fossati, guarda ruscelli e fiumi. Poi, arrivano le soste, sempre nel verde, in
un ritemprante bagno d’ossigeno che donano momenti di utilissimo relax, di
riparo da una stanchezza fisiologica naturale, giusta e ben diversa dalle
depressioni fisico-psichiche procurate dal lavoro.
Lo
stesso vale per la colazione campestre sollecitata da un appetito autentico,
altrimenti dimenticato, che non ha certo bisogno di stimoli artificiosi. In
chiave moderna e con intenti diversi, la caccia riporta, dunque, l’uomo ad uno
stato di genuina primitività, lo fa riscoprire autentico e gli consente di
guarire dal deterioramento fisico, mentale e comportamentale, di cui è causa e
vittima al tempo stesso.