Ancora oggi, si pensa che alcuni
sport siano di esclusiva pratica maschile, ma non è cosi!
Tra le varie discipline sportive,
che ormai sono, largamente, praticate con successo dalle donne, vi è l’attività
subacquea.
Chiariamo subito che, in effetti e
di solito, le donne hanno una minore prestanza fisica, in termini di forza, un
fattore questo fisiologico innegabile.
Nello specifico della pratica
subacquea, si aggiunge la complessa dinamica ormonale a cui sono soggette le
donne e con maggiore esposizione al rischio di MDD, ovvero malattia da decompressione;
inoltre, la donna, durante il ciclo vitale, sperimenta importanti modificazioni
ormonali che ne condizionano le diverse fasi di sviluppo. Purtuttavia, oggi i
subacquei di sesso femminile incidono per un buon 40%.
Si considera, dunque, che la
donna ha una prestanza fisica (intesa come potenza, velocità, e forza fisica)
minore rispetto all’uomo, che si manifesta, soprattutto, quando ha a che fare
con la gestione delle attrezzature subacquee fuori dall’acqua.
Durante la fase della propria
vita la donna, precisamente nella fase post menarca, accumula tessuto adiposo a
scapito di quello muscolare, con diminuzione di potenza muscolare e capacità
aerobica: per tale motivo, si dice che la ragazza dovrebbe essere alta non meno
di 1,50 cm. e pesare almeno 45 kg. per essere in grado di maneggiare, senza
grandi difficoltà, la propria attrezzatura.
Un aiuto sostanziale viene dato
dalle svariate tipologie di attrezzature oggi in commercio, tanto da consentire
alle donne di scegliere quelle più appropriate e con minor peso, ma altrettanto
efficienti.
In acqua, le difficoltà, dovute
alla prestanza fisica, quasi si annullano, visto che le attrezzature diventano
leggere in base ad un principio fisico conosciuto come Il Principio di Archimede.
A favore delle donna, gioca un
fattore importante: la necessità di consumare meno ossigeno rispetto agli
uomini e, con minor produzione di anidride carbonica, ne deriva un minor
consumo di aria nelle bombole e, quindi, la possibilità d’indossare bombole più
piccole e con minor peso.
Nella donna, una più ridotta
prestanza muscolare, rispetto a quella degli uomini, riduce anche la capacità
di produrre calore; inoltre, una maggior superficie di contatto con l’acqua
comporta, di conseguenza, maggior perdita di calore per conduzione.
Quindi, ne consegue che la donna
è più sensibile al freddo e, soprattutto, nel periodo dello sviluppo, anche se
questo inconveniente si risolve con mute sufficientemente isolanti, a livello
termico.
Fisiologicamente, il ciclo
mestruale non è una condizione limitante, ad esclusione dei giorni che possono
essere caratterizzati da sintomi come: nausea, vomito, cefalea o tensione
mammaria eccessiva, per il resto è possibile effettuare le immersioni.
Una corretta alimentazione è
indispensabile, ad eccezione di quegli alimenti che possono aumentare la
ritenzione idrica o compromettere la compensazione (latticini, agrumi,
alcolici, etc.); sono consigliati ananas e mirtillo che favoriscono l’eliminazione
dei liquidi e la protezione della parete capillare.
Non ci sono prove scientifiche
che attestino che la ritenzione di liquidi e l’edema tissutale contribuiscano
ad un rallentamento nella desaturazione (eliminazione di bolle dal sangue e dai
tessuti) durante l’immersione. Neppure è certo che l’assunzione di
anticoncezionali orali, durante il ciclo mestruale, possa mettere a maggior
rischio di PDD, nonostante aumentino la coagulazione del sangue. Tuttavia però,
è buona norma porre maggior attenzione in immersione e avvalersi di un profilo
decompressivo più efficace o utilizzare miscele iperossigenate per meglio
smaltire le bolle di azoto disciolte nel sangue.
Riguardo all’immersione, durante
il periodo della gravidanza, non si hanno testi statistici sufficienti e, data
l’importanza dell’evento, è consigliato non immergersi visto che, comunque, la
respirazione di aria compressa, in immersione, andrebbe ad interagire con il
feto.
Se il parto è stato spontaneo, si
può tornare alla pratica dell’attività subacquea appena dopo 4-6 settimane; se
invece, il parto è avvenuto per mezzo del taglio cesareo bisogna aspettare
dalle 6 alle 8 settimane, sempre dietro consenso medico.
Non vi è divieto, invece, durante
il periodo dell’allattamento, in quanto il latte materno non è influenzato
dalle immersioni.
Comunque sia, è importante
ritrovare prima una buona forma fisica e mentale, proporzionando lo stress alle
proprie condizioni.
A favore della donna, possiamo
dire che ha una maggiore predisposizione alle capacità attitudinali rispetto
all’uomo ed è meno incline a comportamenti rischiosi.
Alla luce di quanto espresso,
diciamo che l’attività subacquea non è controindicata per la donna che,
affidandosi al proprio buon senso, farà le scelte giuste, di volta in volta,
per poter godere a pieno delle meraviglie del mare.
Foto di Francesco Turano e
Salvatore Campolo