AVVISO: Questo sito a breve non sarà più raggiungibile, Filo Diretto News con le sue notizie ed i suoi servizi sono disponibili al nuovo indirizzo web: www.filodirettonews.it
Oggi è 
 
 
   
Prima Pagina > Cultura e Società > Media > Il 2013 si conclude con il mondo in ebollizione

 sabato 11 gennaio 2014

IL MEDIO ORIENTE RESTA UNA POLVERIERA

Il 2013 si conclude con il mondo in ebollizione

di Romina Gobbo


alt

A pochi giorni dall’atteso summit internazionale sulla crisi siriana, che si terrà a Ginevra il 22 gennaio p.v., le varie fazioni degli oppositori al regime di Assad sono in lotta fra loro, tanto che si comincia a parlare di una “seconda guerra civile”.

Ma non v’è dubbio che il degenerare della situazione siriana diventa fonte di instabilità per tutta l’area. L’Iraq, mai pacificato da quando, nel 2011, gli ultimi contingenti americani si sono ritirati, lo scorso anno ha registrato 3.000 morti per sparatorie, esplosioni di autobombe e attentati suicidi. Ma, negli ultimi giorni, la presa di Falluja e i combattimenti attorno a Ramadi, capitale della turbolenta regione di Anbar, da parte dei guerriglieri dell’Isis (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, movimento estremista sunnita, affiliato ad al-Qaeda), hanno aggravato la situazione, bloccando il timido processo di normalizzazione e di crescita sul fronte politico ed economico, a tre mesi dalle elezioni parlamentari (che si terranno il 30 aprile), suscitando le preoccupazioni degli Usa.

Non c’è pace neppure in Libano, dove una nuova ondata di attentati e scontri armati sta scuotendo Beirut e dintorni; l’apice è stato raggiunto il 27 dicembre scorso, con l’attentato che è costato la vita all’ex ministro delle Finanze, Mohammad Shataha, molto vicino all’ex premier Saad Hariri e critico verso Hezbollah. Il rinnovato scontro tra sciiti e sunniti libanesi è stato infiammato dal conflitto in Siria, dove si fronteggiano un regime proveniente dalla maggioranza sciita del Paese (gli alawiti), sostenuto da Hezbollah, e un’insurrezione a maggioranza sunnita. Un’evoluzione simile a quella in corso in Iraq, dove la minoranza sunnita si è ribellata alla maggioranza sciita, al potere da dopo la caduta di Saddam Hussein.

Dopo che l’esercito, deposto il presidente Mohamed Morsi, ha messo al bando il movimento dei Fratelli Musulmani, proclamandolo “organizzazione terroristica”, l’Egitto vive momenti difficili. Così, i copti ortodossi, il 7 gennaio hanno festeggiato il Natale fra la speranza di “una nuova vita” (la nascita di Gesù) e la paura di attacchi da parte degli estremisti islamici. Con posti di blocco e gran dispiegamento di polizia, la città del Cairo tiene alto il clima di allerta, memore dell’ultima “Settimana dell’Ira” (dicembre 2013), proclamata dalla Fratellanza contro il regime sostenuto dalle Forze Armate, che ha provocato sei morti in poco più di 24 ore, a seguito degli scontri scoppiati nel campus della prestigiosa università al-Azhar, tra giovani islamisti e agenti.

Rimane, invece, estraneo al conflitto religioso l’Afghanistan, ma ad un anno dal ritiro delle truppe alleate, non si può certo dire che la situazione sia tranquilla. Lo chiamano warning e significa rischio elevato. E così, dalla base italiana di Herat (sede del Regional Command West), a comando Brigata meccanizzata “Aosta”, noi giornalisti – presenti dal 27 dicembre 2013 al 5 gennaio 2014 – siamo potuti uscire poco. Proprio la mattina del 5 gennaio u.s., un elicottero CH47 “Chinook”, della Task Force “Fenice” italiana, è stato bersaglio di diversi colpi d’arma da fuoco, nessun militare è stato ferito, ma non c’è dubbio che la tensione nel Paese resti elevata.

E Gaza piange il primo morto dell’anno; si tratta di Abu Khater, colpito il 2 gennaio a Jabaliya dalle forze israeliane, secondo le quali l’adolescente lanciava sassi oltre la recinzione di confine con Israele (la zona cuscinetto di sicurezza, considerata off limits per i palestinesi, si estende tra 500 e 1.500 metri nella Striscia). La morte del ragazzo segue un periodo di raid israeliani, che si sono accaniti su varie zone di Gaza City.

Ma non solo il Medio Oriente è in ebollizione. In seguito ai disordini tra forze lealiste e unità ribelli, in Sud Sudan continua ad aumentare l’instabilità. Il Centrafrica rischia d’implodere, a causa di continue rappresaglie fra esponenti dell’ex coalizione ribelle Seleka e miliziani anti Balaka. Un altro fronte caldo è la frontiera col Camerun, dove banditi centrafricani hanno saccheggiato alcuni villaggi camerunensi. Ma il Camerun se la deve vedere anche con i terroristi di Boko Haram, infiltratisi dalla provincia dell’estremo Nord.

A fine 2013, uomini armati hanno attaccato il quartier generale della tv e della radio di Stato, a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, prendendo in ostaggio alcuni giornalisti. Successivamente, la polizia locale ha ripreso il controllo della situazione, ma, in un Paese lacerato da vent’anni di conflitto, gruppi ribelli armati prosperano nelle zone più impervie, rimanendo fuori controllo, nonostante la presenza di circa 20mila Caschi blu delle Nazioni Unite.


 


Altre Notizie su

Cultura e Società > Media






 
Sostenitori
 
 
© 2011/24 - Filo Diretto News | Reg. Tribunale di Messina n° 4 del 25/02/2011 | Dir. Resp. Domenico Interdonato | Condirettore Armando Russo
Redazione - Via S. Barbara 12, 98123 Messina - P.Iva 02939580839