Doveva essere la partita della
riscossa, favoriti anche dal doppio turno casalingo tra le mura amiche del San
Filippo.
In una giornata dal clima estivo,
con un tifo incessante degli ultras messinesi, si sperava all’occasione
propizia per fare punti e recuperare posizioni in classifica.
Invece, un Messina senza schemi e
senza gioco è stato surclassato dai foggiani che, con un gioco semplice ed
ordinato, hanno raggiunto il vantaggio con Giglio, nelle prime fasi dell’incontro,
dopo un favorevole occasione sprecata dal giallorosso Venitucci che, da due
passi, non centrava la porta.
Ci si aspettava la reazione d’orgoglio
dei giallorossi e, invece, sono sempre gli avversari a rendersi pericolosi, per
ben tre volte, sotto la porta di Iuliano.
Nel secondo tempo, i
biancoscudati di Catalano scendono in campo alla ricerca del pareggio, ma tutto
è vano, nonostante Guerriera sfiori la rete calciando di poco a lato.
Il tecnico del Messina cerca di
dare una svolta all’incontro inserendo Guadalupi e Buongiorno, ma è ancora il
Foggia a rendersi pericoloso, sino ad arrivare al raddoppio ancora su azione
scaturita da un calcio d’angolo.
Il due a zero segna la resa,
nonostante il Messina si renda pericoloso in una serie di azioni che, però, non
trovano la finalizzazione in rete.
Un Messina che non riesce a dare
equilibrio al gioco e soccombe, definitivamente, alla forza degli avversari,
quando, a tempo ormai scaduto e con cinque minuti di recupero, subisce la terza
rete ad opera di Zizzari.
Tre reti che hanno marcato lo
strapotere degli avversari che, con un’ottima prestazione, hanno centrato l’obiettivo,
anche favoriti da un Messina messo male in campo, che non raddoppiava la
marcatura e che, continuamente, veniva infilato in contropiede, allorché, con
timido accenno ed in modo poco incisivo, cercava di valicare il centrocampo
avversario.
La squadra giallorossa esce dal
campo sotto una pioggia di fischi, in particolare rivolti verso l’allenatore
Catalano, per il quale, ormai, se potessero decidere i tifosi, sarebbe sul
viatico dell’esonero.
Foto di Gabriele Stramandino