SALUTE E BENESSERE
Lo Stalking
di Umberto Santoro
Lo Stalking è un reato
che è stato introdotto dalla legge 38/2009 (art. 612 bis), in seguito ad un
intervento legislativo ad hoc, che, sostanzialmente, ha reso concreta una
specifica esigenza di tutela, rispetto ad un fenomeno caratterizzato da un
certo grado d’indeterminatezza circa le condotte ad esso riconducibili. Le
difficoltà attengono, innanzitutto, alla definizione del reato: in linea di
principio si tratta di comportamenti, spesso psicopatologici, consistenti in
molestie, ingiurie, minacce, pedinamenti, telefonate anonime, lettere minatorie
e, in generale, tutta una serie di indebite ingerenze nella sfera privata della
vittima.
Per via della
moltitudine di condotte, riconducibili allo stalking, non manca in dottrina chi
ritiene di dover distinguere il c.d. stalking vigilante, quando esso si traduce
in un’attività di sorveglianza; lo stalking comunicativo, quando l’atto si
traduce in offesa, in ingiurie o diffamazioni; infine, il c.d. stalking di tipo
informatico.
Attraverso
l’introduzione dell’art. 612 bis, si è predisposto un intervento anticipato di
tutela, dal momento che la vittima potrà, innanzitutto, rivolgersi all’autorità
di pubblica sicurezza e chiedere che ammonisca, oralmente, il soggetto,
invitandolo a non tenere quella condotta, che non è conforme alla legge.
Inoltre, sono state potenziate le misure cautelari personali, prevedendosi, tra
queste, la misura relativa al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati
dalla persona offesa; occorre, poi, ricordare la pena prevista, che è quella
della reclusione da 6 mesi a 4 anni. La norma si propone l’obiettivo di
proteggere la serenità psicologica della vittima, punendo le condotte
reiterate: dunque, perché si realizzi il reato di stalking, deve venire in
rilievo una pluralità di comportamenti che siano diretti a compromettere tale
serenità. In sede di giudizio si è, poi, posto il problema di capire se, per
l’integrazione di tale reato, sia sufficiente che le condotte poste in essere
dallo stalker siano, semplicemente, idonee ad ingenerare lo stato di turbamento
o se, piuttosto, non sia più opportuno verificare, concretamente, gli effetti
delle condotte tenute da costui.
La norma, inoltre, fa riferimento ad uno stato
di ansia o di paura e, al riguardo, si è posto l’ulteriore problema di capire
se questo stato di timore debba essere valutato da un punto di vista
soggettivo, e cioè tenendo conto delle caratteristiche proprie della vittima,
oppure da un punto di vista oggettivo, e cioè considerando, quale paradigma di
riferimento, l’uomo medio. Il reato è procedibile a querela (nel senso che deve
essere la vittima a lamentare l’offesa subita), e solo, eccezionalmente,
d’ufficio (nel senso che l’autorità giudiziaria potrà attivarsi senza l’istanza
della parte offesa).
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