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 mercoledì 25 febbraio 2015

TERAPIE ALTERNATIVE

Pet Therapy e Autismo

di Maria Elena Quero


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L’Autismo è il filo conduttore della mia formazione come counselor e come operatore di pet therapy. Secondo un amico psico-terapeuta, il mio percorso da biologa marina, tra comportamento e acustica dei cetacei, a diplomata in counseling e operatore di terapie assistite con il cane, dato il particolare interesse per l’autismo, poteva essere visto, anche, come un impulso verso la comunicazione profonda, quella che non passa attraverso i consueti canali dei “normodotati”. Mi riconosco, piuttosto bene, in questa chiave di lettura. Sebbene “l’impulso verso la comunicazione profonda” sia, probabilmente, condizione necessaria, ritengo, tuttavia, che non sia sufficiente per svolgere interventi di pet therapy con autistici.

Ormai, si sa che i Disturbi dello Spettro Autisticooriginano [...] da una compromissione dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e di socializzazione e sono, in generale, associati a comportamenti inusuali (ad esempio, comportamenti ripetitivi o stereotipati) e ad un’alterata capacità immaginativa” (Istituto Superiore di Sanità). Ma perché questi disturbi vengono ascritti ad uno “spettro” autistico? Poche sono le caratteristiche comuni che permettono agli specialisti di diagnosticare una specifica sindrome all’interno della vasta gamma di sintomi autistici. In realtà, ogni bimbo, ogni persona è un universo a sé stante, del tutto unico nella manifestazione del suo disturbo come della sua personalità.

Cosa può fare la pet therapy per le persone con Autismo? Essenzialmente, entrare in relazione con loro. La scelta del collega a 4 zampe da proporre va fatta in base alle caratteristiche dell’individuo, ai suoi desideri, alle sue preferenze. Tocca, poi, all’operatore rendere i primi incontri interessanti per attivare un ponte relazionale, che, in seguito, se tutto funzionerà, vivrà di vita propria. Far breccia nel mondo degli autistici, infatti, non è cosa facile: bisogna “ascoltare con il corpo”, spegnere la mentalizzazione, dimenticare i manuali, osservare. “L’autistico è un gatto” scrive Gianluca Nicoletti, noto giornalista, scrittore e conduttore radiofonico, nonché papà di Tommy, ragazzo autistico di 15 anni. E chi conosce i gatti sa quanto sia difficile conquistare la loro fiducia e quanto possano, a volte, essere imprevedibili.

Il mondo dell’autistico, appunto, include i genitori come Gianluca e come tutti quei genitori che gestiscono associazioni di volontariato e strutture specializzate o che, “semplicemente”, ogni giorno affiancano i loro cari nella vita quotidiana. I genitori sono gli unici veri esperti dei loro ragazzi e delle loro esigenze. È, quindi, nostro dovere rivolgerci, anche, a loro, ovvero essere consapevoli che, nel momento in cui veniamo chiamati ad un intervento di pet therapy, siamo degli ospiti di un universo così delicato e intimo da richiedere, se possibile, un livello più profondo e, al contempo, più “semplice” di sensibilità, empatia, rispetto ed amore.


 


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