CURIOSITÀ
Le fave bisestili e la loro particolarità
di Dino Parisi
 Il 2016 è un
anno bisestile, cioè l’anno in cui al mese di febbraio viene aggiunto un giorno
in più, così come previsto dal calendario Gregoriano, in uso nella gran parte
del mondo, portando ogni quattro anni i giorni di febbraio da 28 a 29. L’anno
bisestile è la soluzione a un problema, ossia la “scissione” fra anno solare e
anno civile. Quest’ultimo, di 365 giorni, non è esattamente uguale all’anno
solare, che misura 365 giorni, 5h, 48m, 45s. Le circa 6 ore, cioè la quarta
parte di un giorno, sommate nei quattro anni originano un giorno in più nell’ultimo
dei quattro anni. Papà Gregorio XIII nell’ottobre del 1582, con la bolla Inter Gravissimas, stabilì che questo
era il nuovo calendario a cui tutti dovevano attenersi. Se l’anno civile non
andasse di pari passo con l’anno solare, si avrebbe uno spostamento delle
stagioni nell’arco dell’anno. L’equinozio di primavera potrebbe finire per
scivolare, col tempo, dal 21 marzo verso aprile, poi a maggio, a giugno, ecc.
Dopo
la breve premessa sulla storia dell’anno bisestile, si introduce una strana
curiosità anch’essa altrettanto meritevole di attenzione che affascina il mondo
dell’agricoltura il quale, stranamente, determina un anno non particolarmente
fortunato per le fave. In questo periodo dell’anno molti le avranno già
comperate o prodotte in campagna, e quest’ultimi avranno avvertito una resa
inferiore rispetto ai tre anni precedenti, ma forse non si saranno accorti di
una curiosa particolarità che si leggerà più avanti. Com’è noto le fave ricche
di proteine, fibre, vitamine (A, B, C, K, E, PP) e sali minerali, hanno una
riconosciuta azione di drenaggio dell’apparato urinario e, tra i legumi, sono i
meno calorici. Gli unici a dover stare lontani dalle fave sono gli affetti da
favismo, una malattia genetica ereditaria dovuta alla mancanza dell’enzima G6PD
(glucosio-6-fosfato deidrogenasi) con manifestazioni a carico dei globuli
rossi. Conosciute fin dai tempi degli antichi romani, se consumate crude, le
fave si accoppiano bene a del buon formaggio pepato fresco o pecorino, e ci
accompagnano quasi sempre all’irrinunciabile gita fuori porta (cosiddetta
scampagnata), nel segno della più classica tradizione diffusa maggiormente
nelle regioni del meridione.
Ebbene questo proteico prodotto della natura ogni
quattro anni subisce un attaccamento al contrario del seme all’interno del
baccello, con il filetto rivolto verso il basso. Si capisce mantenendo un
baccello in mano dal punto in cui é stato tagliato dal ramo, costatando che i
frutti all’interno sono girati nel senso opposto. Mentre nei tre anni
successivi crescono normalmente. Sembra che anche le fasi lunari abbiano una
qualche influenza nel determinare questa particolarità, ma quella della
bisestilità è la più certa. Non per questo però il prodotto sia di scarsa
qualità, poiché escludendo ogni discordanza sotto il profilo proteico non vi è
nessuna pericolosità ad esclusione, come già anzidetto, nei confronti di coloro
che sono affetti da favismo.
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