I TESORI DI MESSINA
La Vara: il racconto di un giovane tiratore
di Tiziana Santoro
 Il
culmine delle celebrazioni rimane la festa dell’Assunta, durante la quale la
Vara – o Bara – della Madonna sfila per le strade principali della città. Il
carro votivo – costruito nel 1535 dall’architetto Radese e rivisitato negli
anni con l’apporto di qualche variante – nella parte inferiore rappresenta la
Tomba di Maria Vergine, intorno alla quale si trovano i 12 apostoli. Sopra le
loro teste girano, in direzione opposta, il Sole, la Luna e gli angeli legati
ai ferri. Al di sopra, stanno le nubi, il firmamento e il globo. Procedendo dal
basso verso l’alto si incontrano un cerchio di serafi, cherubini, angeli e
arcangeli. La macchina votiva si sviluppa in altezza quasi a voler sovrastare i
palazzi e culmina in cima con un fantoccio che rappresenta il padre eterno col
braccio alzato, nell’atto di protendere Maria per l’assunzione in cielo. Un
tempo interpretata da bambini, attualmente, per ragioni di sicurezza, i
figuranti sono stati sostituiti da fantocci, ma il carro è sempre trainato
attraverso le funi dai devoti messinesi, che rinnovano ogni anno il loro voto
di fede. Il fascino delle celebrazioni è sentitissimo dalla comunità locale e
continua ad accogliere turisti che giungono da ogni parte del mondo per
partecipare alla festa più rappresentativa della Città. L’importanza storica e
socio-culturale dell’evento non è stata scalfita dal progresso e dall’evolversi
del tempo e le nuove generazioni mantengono intatta la loro partecipazione. Lo
comprendo bene confrontandomi con un giovane tiratore della Vara che chiamerò
F.A.
Il
nostro è stato un incontro casuale e amichevole, avvenuto mentre lui lavora al
bar di un noto lido sulla riviera ed io mi trovo lì in vacanza con un’amica,
intenta a bere il caffè e a godermi le bellezze e il fascino del nostro
Stretto. Mentre io mi rilasso, F. è iperattivo: lavora e manifesta ai presenti
il suo entusiasmo per la prossima celebrazione della festa dell’Assunta. Ci
comunica che anche quest’anno sarà lì a tirare la Vara, posizionato come ogni
anno dove è collocata la “corda montagna”. Vedere tanto entusiasmo da parte di
un giovane, per una celebrazione così antica, mi incuriosisce e, così, lo
convinco a concedermi un’intervista e a raccontarmi come vive la sua
partecipazione all’evento. F. è un po’ geloso della sua privacy, però, alla
fine, tra una battuta e l’altra inizia a raccontarsi. Ha compiuto 37 anni e
tira la Vara da quando ne aveva 18. Quando gli chiedo la ragione di questa
scelta, mi dice che in seguito a un’esperienza personale e che lo ha segnato
molto ha fatto un voto segreto e che lo rinnova ogni anno, indossando il
tradizionale vestito bianco con la cintura di stoffa azzurra che ricorda nei
colori il manto dell’Assunta. F. mi spiega la complessità dell’organizzazione e
l’impegno del “comitato Vara” che vigila ogni anno sulla realizzazione dell’evento.
Mi racconta che i devoti, che rinnovano da più tempo il loro voto, sono vestiti
di blu e si collocano sul ceppo, mentre gli altri sono posizionati lungo la “corda
di mare” e la “corda di montagna” e hanno il compito di sincronizzarsi per
trascinare il carro votivo, facendo particolarmente attenzione al momento della
partenza da Piazza Castronovo e al momento della virata all’angolo tra il Corso
Garibaldi e la Via I Settembre.
Chiedo
a F. di raccontarmi un momento in cui ha vissuto la sua esperienza da tiratore
in modo particolarmente emozionante. Ci tiene a precisare che ogni volta che
rinnova il suo voto prova un’emozione e un coinvolgimento fortissimo, tuttavia,
è particolarmente sensibile alla presenza di quei genitori che si recano alla
processione portando con sé i figli disabili. In particolare, ricorda di
essersi commosso quando ha tagliato un pezzo della corda benedetta con cui è
stata trainata la Vara per donarla a un ragazzo diversamente abile. La
commozione negli occhi del padre, scaturita dal suo gesto spontaneo, gli ha
trasmesso un sentimento di profondo rispetto e fratellanza che lo accompagna
tuttora. F. prosegue nel suo racconto e mi spiega che “il taglio della corda” è
un “rito nel rito”, che ciascun tiratore ne porta sempre un po’ con sé per
poterlo offrire in segno di protezione e fede ai membri della propria famiglia,
agli amici, a chi ha bisogno di cura e speranza.
Quando
chiedo a F. di spiegarmi come mai da 500 anni questo rito che si perpetua
sempre uguale non smette di coinvolgere le nuove generazioni di giovani
globalizzati, mi risponde senza esitazione che la Vara rimarrà a vita,
altrimenti a Messina non è Ferragosto. Con questa affermazione, mi aiuta a
comprendere quanto sia forte e indelebile nel tempo l’identificazione con la
storia delle comunità locali che si sono succedute nei secoli e come il senso
profondo delle radici, della storia e la dimensione sociale della comunità
odierna sia ancora un valore fortemente trasmesso da una generazione all’altra.
La Vara è una tradizione – prosegue F. – che Messina non può perdere, altrimenti
non esisterebbe più la Città.
A
seguire, gli domando come mai i fedeli si apprestano a trainare il carro votivo
a piedi e a mani nude, quali siano le ripercussioni in cui possono incorrere e
se ha mai assistito a incidenti gravi. F. chiarisce che trainare la Vara senza
protezioni ancor più che un atto di fede, significa esprimere un atto d’amore
verso l’Assunta e che purtroppo chi partecipa si espone sempre a rischi. F. mi
racconta l’esperienza che ha vissuto circa due anni fa, quando un fotografo nel
tentativo di fare un reportage è caduto sotto il ceppo della Vara in movimento,
pur rimanendo fortunatamente illeso. F. chiarisce che mettere in piedi una
macchina votiva della portata della Vara non può esentare i partecipanti da
qualche imprevisto, tuttavia, mi spiega l’importanza che riveste l’amministrazione
comunale che col suo operato può certamente contribuire a ridurre i rischi e a
tutelare i suoi cittadini. Mi racconta che l’anno scorso è stato
particolarmente difficile per i tiratori controllare la macchina votiva in
movimento. A ostacolare il passaggio e a renderlo più rischioso, hanno
contribuito la mancata potatura degli alberi, le cui fronde si contrapponevano
al loro passaggio, inoltre, molti tiratori sono caduti perché nessuno ha
provveduto a “grattare” le strisce pedonali in modo da renderle meno scivolose
per la presenza dell’acqua.
Nonostante
queste difficoltà che hanno procurato qualche incidente e destato
preoccupazione, nessun devoto si è sottratto al suo voto. Per quest’anno, F. è
più fiducioso nell’operato della V circoscrizione – quella a cui appartiene – e
ritiene che tutte le misure di sicurezza necessarie per agevolare il passaggio
della Vara siano state applicate, compresa la rimozione dei dossi stradali presenti
sul corso Garibaldi. Ringrazio F. per aver soddisfatto ogni mia curiosità e per
avermi raccontato la sua esperienza di “giovane tiratore” della Vara. In
conclusione, gli chiedo se sente di voler aggiungere qualcosa al suo racconto. F.
aggiunge solo che per lui la “Vara è unica e sola”, al termine, si congeda e
augura un buon Ferragosto a tutti i messinesi.
|