DICCI LA TUA
Stretto di Messina. Caccia al pesce spada: tradizione a rischio estinzione
di Redazione
 Avevo
sentito parlare della “CACCIA” al Pesce Spada, ma, sebbene mi senta “missinisi
ca’ scoccia”, non avevo ancora mai preso parte a questa indimenticabile
esperienza (ripetutasi una seconda volta, a distanza di una settimana) che non
può lasciare indifferenti: in una sola espressione, spettacolo allo stato puro.
Lo spettacolo non comprende solo la lotta arcaica tre il pesce e l’uomo, ma un
insieme di valori che si intersecano tra di loro come la storia, la tradizione,
la vita e la morte. I paesaggi dello Stretto, che col passare delle ore in
feluca solcando le acque sempre della stessa “posta”, mutano senza sosta grazie
al gioco dei colori che rende unico qualsiasi momento. Le foto scattate con un
cellulare sicuramente non possono rappresentare al meglio questi panorami, ma
neanche la migliore macchina fotografica sul mercato riuscirebbe a catturare
certe cangianti sfumature. La cosa che più mi ha colpito è stata la
composizione dell’equipaggio del Motopesca Nibbio (la feluca che mi ha
ospitato) formata da anziani esperti del settore, ma anche da giovani amanti
del mare come Danilo Mancuso, appena ventunenne, che ci ha arricchito col suo
sapere. Ci ha parlato delle differenze del passato tra Scilla e Messina, di
feluca e di luntri, raccontandoci diversi aneddoti e di come oggi il tipo di
caccia sia mutato con l’avvento del motore.
Ho
assistito al rito propiziatorio della “caddata” e conosciuto nuovi termini come
la “paricchia”, “u ferru” e a “traffinera”. Ho riscontrato che la caccia al
pesce spada con le feluche è un sistema di pesca selettivo, rispettoso delle
risorse dei nostri mari, in quanto gli esemplari più giovani avvistati “dall’ntinna”
non vengono catturati, ma piuttosto lasciati liberi di crescere e riprodursi,
garantendo la salvaguardia della specie. Una caccia che va avanti da secoli,
con notevoli mutamenti. Ma oltre al fascino di questo nuovo sapere,
confrontandomi con i pescatori, emergono situazioni che minacciano la
sopravvivenza di questa tradizione. Difatti, se in passato la pesca del Pesce Spada
risultava sufficientemente remunerativa per i proprietari dell’imbarcazione,
così da poter sostenere tutte le spese e riuscire nel mantenimento delle
famiglie del peschereccio e dell’equipaggio, oggi a causa della depauperazione
dello stock di pesce spada nel Mediterraneo, della burocrazia e della pressione
fiscale su queste piccole imprese, bisogna ritenersi fortunati se a fine
stagione il bilancio non sia negativo.
Le
spese sostenute da queste piccole realtà imprenditoriali sono, infatti, tutt’altro
che irrisorie e possono esser stimate sui 20.000 euro l’anno. Le voci da tenere
in considerazione sono: le spese relative al carburante (7000-8000 euro per
stagione), la messa in regola del personale di bordo, l’IVA sul pescato
(variabile in base all’entità del pescato) e l’alaggio dell’imbarcazione. Fuori
da questa stima vi possono poi essere le spese impreviste relative alla
manutenzione del peschereccio. Ma per i nostri pescatori messinesi le
difficoltà non sono finite qui in quanto la nostra costa, a differenza di
quella calabra, non dispone di strutture adeguate per il ricovero delle
feluche. Infatti, al rientro dalla caccia il rischio di finire sugli scogli e
danneggiare in modo ingente lo scafo è molto alto, rischiando di vanificare gli
importanti investimenti economici effettuati dalle famiglie e mettendo a
rischio la loro stessa possibilità di sostentamento.
Mi
chiedo – e chiedo ai nostri politici – come si fa a parlare di caccia al pesce
spada come patrimonio dell’Unesco o di Pescaturismo se mancano le condizioni
basilari? E ancora, non sarebbe corretto intervenire con un piano spiagge che
elimini l’anarchia sotto gli occhi di tutti e provvedere alla creazione di moli
ad hoc che darebbero veramente vita e sviluppo turistico? Credo sia necessario
e fondamentale avere, più in generale, una visione della nostra Città che metta
al centro lo Stretto, le sue tradizioni, la sua cultura, che tutte insieme sono
essenza della nostra storia.
Giuseppe
Giannetto
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