MESSINA
Festa di San Nicola a Ganzirri. La storia
di Redazione
 Domenica 11, a Ganzirri, si terranno i solenni Festeggiamenti in onore del Patrono San Nicola, uno dei santi
più venerati della Cristianità, il suo culto si estende da Oriente ad
Occidente, invocato dai marinai, è Patrono di diverse Città italiane (Bari,
Venezia, Ancona) e di intere nazioni (Russia, Grecia). Nacque a Patara, in
Licia (attuale Turchia), nel 255 d.C. e visse in Oriente nella prima metà del
IV secolo; fu vescovo di Myra in Asia Minore, dove si distinse per lo zelo
pastorale e operò numerosi miracoli. Morì in età avanzata, presumibilmente nel
333-334. Tutt’oggi, viene ricordato per la sua eccezionale bontà, i suoi resti
mortali, custoditi nella Chiesa di Myra fino alla primavera del 1087, vennero
trafugati e portati a Bari via mare il 9 maggio dello stesso anno. Il culto per
il Santo a Ganzirri è certamente da ascriversi alla presenza basiliana già nel
XV secolo d.C. La tradizione parla dell’esistenza di un piccolo edificio
religioso (probabilmente del 600) dove si venerava un quadro proveniente dall’Oriente.
La
devozione al Santo deriva dai miracoli compiuti in mare durante la sua vita, un
mare inteso non solo come distesa di acque, ma anche universo legato all’invocazione
del nome di Nicola da parte di marinai, naviganti e pescatori nelle loro realtà
quotidiane. A Ganzirri, il culto del Santo Patrono Nicola è chiamato a
unificare nella sua festa i due tronconi della comunità locale, i pescatori e i
cocciolari, altrimenti rivali e da sempre in forte ostilità tra loro, in quanto
esprimenti due forme contrapposte di economia. I “cocciolari” vantano, dal 15
ottobre 1791, una concessione del Re Ferdinando sulle “terre” sottostanti le
acque dei laghi. Il Pantano è, infatti, suddiviso in 180 particelle catastali;
una di queste è di proprietà della Chiesa di San Nicola di Ganzirri e i
cocciolari a rotazione la coltivano, versando i proventi nelle casse della
Parrocchia. I pescatori, invece, dedicano speciali orazioni e invocazioni al Santo
e al momento del varo della barca gridano “in nomu di Maria e di Santa Nicola”,
mentre nel caso di un abbondante pescato segue l’acclamazione di ringraziamento
“binidittu” (riferito al Patrono).
Nell’antica
caccia al pescespada, si può riscontrare che alla sacralità della devozione al Santo
la cultura “ganzirrota” accosta un gesto scaramantico chiamato “a cardata da
cruci”: appena issato sulla barca, il pescespada morente viene segnato a forma
di croce sul viso, adoperando quattro dita della mano. Tale rituale esorcizza
la morte violenta inflitta a un essere vivente e allontana il pericolo
costituito dal sangue del pesce, i cui poteri misteriosi vengono immediatamente
annullati. I pescatori, fino a qualche decennio fa, dal ricavo del pescato
quotidiano, destinavano un quarto di parte alla raccolta per la festa
patronale. Nel corso degli anni, pescatori e cocciolari hanno offerto al Patrono
in dono ex voto la costardella d’oro, il tonno d’oro, il pescespada d’oro, la
vongola d’oro … per propiziarsi i favori del Santo. Il 6 dicembre, giorno della
festa liturgica del Patrono, vengono distribuiti i “panuzzi di San Nicola”, piccolissimi
pani rotondi con l’immaginetta del Santo.
I
naviganti e i pescatori li portano con sé per protezione dalle sventure in
mare. I festeggiamenti hanno origini antichissime alla prima decade dello
stesso mese. Alexandre Dumas, nel suo viaggio in Sicilia nel 1835, assistette
ai momenti di festa a Ganzirri. Domenica 30 agosto, egli si trovò a casa del capitano
Giuseppe Arena, a Pace. Dopo aver pranzato, s’incamminarono verso il Pantano.
Appena arrivati, lo scrittore scorse bancarelle cariche di frutta e udì musiche
danzanti. Egli raccontò con stupore: “… è
una danza meravigliosa … si danza da soli, in due, in quattro, in otto e in un
numero indefinito di partecipanti … ognuno di loro saltellava con quanto fiato
aveva in corpo … la musica metteva in movimento tutta quella gente che non era
in un solo punto, ma era disseminata sulle rive del lago.
L’orchestra si componeva
di due soli musicisti, uno suonava il flauto e l’altro una specie di mandolino
… contai una settantina di musicanti … Nel punto culminante della festa, verso
le tre, la cassa di San Nicola uscì dalla chiesa … subito le danze cessarono;
ognuno accorse e prese posto nel corteo e la processione cominciò a fare il
giro del lago, accompagnata dai botti ininterrotti di un migliaio di mortaretti.
Questa nuova occupazione durò circa un’ora e mezzo, poi la cassa rientrò in
chiesa con i preti e la folla si sparpagliò nuovamente sulle rive del lago”.
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