MESSINA
50° Anniversario della dipartita dell’arcivescovo Angelo Paino
di Alfonso Saya
 “Messina deve fare ancora i conti con la sua
figura”, così scriveva Angelo Sindoni in occasione del XXX Anniversario,
ed è vera ancora questa sua asserzione in occasione
del 50° anniversario della sua
dipartita, il 29 luglio 1067. È vera, nel senso che è ora di dire la verità,
basta con le reticenze, con i sì, ma con le ambiguità, con gli equivoci. Non si
può capire l’operato di mons. Paino avulso dai tempi, dalla temperie,
favorevole alla Chiesa che è sfociata e culminata nella Conciliazione, nei
Patti Lateranensi in cui l’Italia ritornava a Dio e Dio all’Italia. Bisogna,
dunque, collocare l’azione del grande arcivescovo nel contesto dei tempi e
considerare l’amicizia di cui godeva, che ha avuta una grande decisiva
influenza con il Capo del Governo di allora, infatti, dopo tre minuti di
colloquio con il Duce, ottenne il finanziamento del gigantesco piano di
ricostruzione delle Chiese e degli Istituti di beneficenza ed assistenza.
“Non ci sono limiti alle sue richieste!”,
questa la famosa frase “simbolo” che indica la grande generosità e benevolenza
che Mussolini aveva nei riguardi del nostro grande arcivescovo. Non poteva,
quindi, non dare la sua adesione al Regime. L’ha data sin dalla prima ora, e
non è un’accusa o una diceria come si asserisce da parte di alcuni
ecclesiastici. La Chiesa, è questa la verità, non si può smentire, ha benedetto
il Regime per bocca del Papa Pio XI che ha definito il Duce “L’uomo mandato dalla Provvidenza”.
Questa verità, del resto, è suffragata e avvalorata dai fatti! E i fatti sono
gli odiosi arresti domiciliari a cui fu sottoposto dagli angloamericani. Il 17
agosto 1943, lo stesso giorno dell’occupazione di Messina, l’arcivescovo fu
arrestato a Rometta, dove si trovava ospite del suo inseparabile segretario, mons.
Antonino Barbaro, da parte di due antifascisti collaboratori dei sevizi segreti
degli “Alleati”.
Portato
a Messina, fu rinchiuso per due mesi in una stanza del Seminario di Giostra,
piantonato e guardato a vista, notte e giorno, dalle sentinelle americane. La
colpa dell’arcivescovo era di essere amico di Mussolini. Il grande presule
soffrì pene inaudite che, per la sua forte fibra e per la sua grande Fede,
riuscì a sopportare e superare. Questa umiliante e vergognosa prigionia gli
causò una lunga e fastidiosa malattia cutanea che se la portò fino alla fine. Un
altro fatto fu la distruzione, con gli spezzoni incendiari della sua preziosa
creatura che Lui ricostruì per ben tre volte, della Cattedrale. Si è cercato di
difendere l’opera e la memoria del grande arcivescovo, da parte dei cosiddetti “cattolici
democratici”(i cattolici non hanno bisogno di aggettivazioni, sono cattolici e
basta) si è cercato di cancellare la “macchia” del Fascismo, ma invano.
Si
è creata, allora, la congiura del silenzio! In occasione del 50° anniversario della sua dipartita,
bisogna, davvero, fare i conti e Messina – come ha auspicato l’indimenticabile
mons. Foti, l’ultimo suo segretario – deve scrivere la Storia del suo arcivescovo,
obiettivamente, con maggiore libertà di spirito, spezzando la congiura del
silenzio!
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