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 mercoledì 26 luglio 2017

MESSINA

50° Anniversario della dipartita dell’arcivescovo Angelo Paino

di Alfonso Saya


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Messina deve fare ancora i conti con la sua figura”, così scriveva Angelo Sindoni in occasione del XXX Anniversario, ed è vera ancora questa sua asserzione in occasione del 50° anniversario della sua dipartita, il 29 luglio 1067. È vera, nel senso che è ora di dire la verità, basta con le reticenze, con i sì, ma con le ambiguità, con gli equivoci. Non si può capire l’operato di mons. Paino avulso dai tempi, dalla temperie, favorevole alla Chiesa che è sfociata e culminata nella Conciliazione, nei Patti Lateranensi in cui l’Italia ritornava a Dio e Dio all’Italia. Bisogna, dunque, collocare l’azione del grande arcivescovo nel contesto dei tempi e considerare l’amicizia di cui godeva, che ha avuta una grande decisiva influenza con il Capo del Governo di allora, infatti, dopo tre minuti di colloquio con il Duce, ottenne il finanziamento del gigantesco piano di ricostruzione delle Chiese e degli Istituti di beneficenza ed assistenza.

Non ci sono limiti alle sue richieste!”, questa la famosa frase “simbolo” che indica la grande generosità e benevolenza che Mussolini aveva nei riguardi del nostro grande arcivescovo. Non poteva, quindi, non dare la sua adesione al Regime. L’ha data sin dalla prima ora, e non è un’accusa o una diceria come si asserisce da parte di alcuni ecclesiastici. La Chiesa, è questa la verità, non si può smentire, ha benedetto il Regime per bocca del Papa Pio XI che ha definito il Duce “L’uomo mandato dalla Provvidenza”. Questa verità, del resto, è suffragata e avvalorata dai fatti! E i fatti sono gli odiosi arresti domiciliari a cui fu sottoposto dagli angloamericani. Il 17 agosto 1943, lo stesso giorno dell’occupazione di Messina, l’arcivescovo fu arrestato a Rometta, dove si trovava ospite del suo inseparabile segretario, mons. Antonino Barbaro, da parte di due antifascisti collaboratori dei sevizi segreti degli “Alleati”.

Portato a Messina, fu rinchiuso per due mesi in una stanza del Seminario di Giostra, piantonato e guardato a vista, notte e giorno, dalle sentinelle americane. La colpa dell’arcivescovo era di essere amico di Mussolini. Il grande presule soffrì pene inaudite che, per la sua forte fibra e per la sua grande Fede, riuscì a sopportare e superare. Questa umiliante e vergognosa prigionia gli causò una lunga e fastidiosa malattia cutanea che se la portò fino alla fine. Un altro fatto fu la distruzione, con gli spezzoni incendiari della sua preziosa creatura che Lui ricostruì per ben tre volte, della Cattedrale. Si è cercato di difendere l’opera e la memoria del grande arcivescovo, da parte dei cosiddetti “cattolici democratici”(i cattolici non hanno bisogno di aggettivazioni, sono cattolici e basta) si è cercato di cancellare la “macchia” del Fascismo, ma invano.

Si è creata, allora, la congiura del silenzio! In occasione del 50° anniversario della sua dipartita, bisogna, davvero, fare i conti e Messina – come ha auspicato l’indimenticabile mons. Foti, l’ultimo suo segretario – deve scrivere la Storia del suo arcivescovo, obiettivamente, con maggiore libertà di spirito, spezzando la congiura del silenzio!


 


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