MESSINA
La solitudine dell’uomo-etico a teatro
di Tiziana Santoro
 Il
monologo pedagogico“Per non morire di mafia”, scritto dal presidente
del Senato Pietro Grasso, è portato in scena da Sebastiano Lo Monaco. Tra le
tappe previste, non poteva mancare il Teatro Vittorio Emanuele di Messina. L’attore
siracusano, apprezzato per avere interpretato le tragedie classiche dell’antica
Grecia, per la prima volta si misura con tematiche del nostro tempo. Quando il
sipario si apre, al centro della scena c’è Sebastiano Lo Monaco nel ruolo di
Pietro Grasso, tramite la voce del protagonista si snoda il racconto autobiografico: tutto ha inizio
con il gioco d’infanzia più caro, quello del “nascondino-libera-tutti”,
prosegue attraverso gli aneddoti di gioventù, gli studi e la scalata per la
nomina di procuratore nazionale antimafia, infine, giunge al nostro tempo e all’analisi
di nuove problematiche sociali e mafiose. Lo Monaco interpreta Grasso il
professionista: l’uomo di legge e di Stato, ma, soprattutto, la solitudine di
un uomo che, faticosamente, deve conciliare esigenze di vita privata con
responsabilità lavorative.
Il
contesto scenico è scarno, essenziale, cupo, appena illuminato da luci a led.
Alle spalle del protagonista, seduto davanti al pubblico c’è la presenza
invadente di una grande lavagna in ardesia. Lo Monaco è un Pietro Grasso che
attraversa la scena, la domina, si racconta, riflette, propone soluzioni.
Grasso parla dì sé, racconta di “cosa nostra” dalla fine degli anni ‘70 agli
anni ‘90; ricorda il Maxiprocesso alla mafia e i magistrati Borsellino e
Falcone, il loro esempio etico e l’analisi del fenomeno mafioso inteso non più
come piaga locale, ma legato ad alcuni esponenti della politica nazionale e a
organizzazioni criminali internazionali. Pietro Grasso è un uomo solo, ragiona
con se stesso, appunta le parole-chiave sulla lavagna, segue la logica, compie
nuove analisi, individua nelle mafie cinesi, russe, albanesi e nigeriane un
nuovo fenomeno criminale, scaturito dalla globalizzazione.
Solo
nelle difficoltà, Pietro Grasso infonde agli altri la speranza, è, comunque,
ottimista, crede che il cambiamento sia possibile, ma rivolge un appello alla
cittadinanza. L’uomo libero è l’uomo-etico, quello forte dei suoi valori e
della sua morale, che ha il coraggio di leggere la realtà e imporre la sua
volontà; di dialogare e vivere nella legalità. Ammonisce l’attore: “Finché la mafia esiste bisogna parlarne,
discutere, reagire. Il silenzio è l’ossigeno grazie al quale i sistemi
criminali si organizzano (…). I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli
duramente domani”. Portare in scena il monologo
“Per non morire di mafia” è una scelta coraggiosa, ma anche il pretesto per
ricordare le vittime della mafia, fra cui: Pietro Scaglione, Ninni Cassarà,
Giuseppe Fava, Peppino Impastato, Beppe Alfano, Pio La Torre.
Il
monologo culmina con un appello a
essere responsabili delle proprie azioni. Con un tocco di mano, Lo Monaco gira
la lavagna e il pubblico si ritrova davanti a uno specchio, è costretto a
guardare se stesso, a interrogarsi, a riflettere, a realizzare con coscienza la
propria volontà. Tuttavia, nello specchio si riflettono i volti di pochi spettatori,
in una sala semi-vuota Lo Monaco non può non commentare: “L’ennesima fotografia di un luogo svuotato di energia, impoverito di
presenze”. All’interno del Teatro Vittorio Emanuele, alla solitudine di
Grasso fa eco quella di Lo Monaco, anche lui alla ricerca di un interlocutore
con cui interagire e comunicare, con cui cooperare per realizzare un mondo migliore.
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