RECENSIONE
Come stare al mondo: i momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo
di Tiziana Santoro
 Lo
scrittore e sceneggiatore Francesco Piccolo va a caccia di momenti di
trascurabile felicità. Si tratta di una ricerca incalzante di istanti di
sopravvivenza, una sorta di riscatto personale che ciascuno dovrebbe potersi
ritagliare, un po’ per beffeggiare la vita, un po’ per sopravvivere al logorio
perpetuo della quotidianità. A pensarci bene, Momenti di trascurabile felicità è il Libro della moderna resistenza, una modalità d’agire per imparare a
stare al mondo e sdrammatizzare gli eventi. L’antidoto di Francesco Piccolo è
una rivendicazione del diritto di essere se stessi sempre, tutto condito con un
tagliente umorismo e la sfacciataggine di chi prende la vita così com’è,
incurante dei giudizi morali, svincolato dai luoghi comuni. Libero dalla
pretesa di fare la cosa giusta per gli altri e per il pianeta, Francesco
Piccolo rivendica il diritto di appagare se stesso anche, e soprattutto,
attraverso quei momenti di trascurabile felicità che gratificano i suoi
mediocri appetiti.
Momenti
di trascurabile felicità è l’esaltazione dell’italiano medio e di tutti i
suoi difetti e le sue debolezze; un accettarsi e nutrirsi di sfrontati gesti,
di piccole prepotenze, incongruenze che ci ricordano chi siamo e che, bene che
vada o male che vada, siamo fatti proprio così: presuntuosi, comodisti, pigri,
pretenziosi, egoisti ed anche un po’ sadici, cioè ostinatamente umani. A questo
proposito, Francesco Piccolo stila la sua lista di trascurabili momenti di
felicità, in cui ciascuno può riconoscersi quando è: colto a strombazzare col
clacson nel traffico cittadino; voglioso di primeggiare sugli altri
automobilisti sfidandoli nel sorpasso; incurante nel salutare chi abbiamo
bloccato col nostro veicolo, mentre siamo al bar per bere il primo caffè del
mattino. È un momento di trascurabile felicità – secondo Francesco Piccolo –
assecondare le proprie irrazionali ostinazioni: percuotere il telecomando per
cambiare canale quando le pile sono scariche, interpretare, erroneamente, i
testi delle canzoni solo per confezionarcele addosso, abusare della parola “infatti”
fuori contesto solo per compiacere la nostra condizione d’imbarazzo.
Il
diktat è non agire contro voglia, non cedere alle pressioni sociali ed
ascoltare se stessi. Poco importa se “l’amore uomo/donna” è spento dalle
fatiche della lontananza e dall’insofferenza verso l’altro, quando è più
salutare vivere comodamente e senza stereotipi sentimentali assolutisti: porre
fine alle relazioni è, certamente, più sano che assecondare ostinatamente “l’idealizzazione
di un sentimento” che ci limita. La gelosia? Perché farsi sopraffare? Se con
dissacrante ironia, possiamo farci carico anche del passato del nostro partner?
Non da ultimo – sostiene Piccolo – impariamo a dare ragione a tutti, per non
affaticarci in discussioni inutili: se il taxista ci ammorba con espressioni
razziste e xenofobe, impariamo a non dilungarci in discussioni impegnate e in
comizi “inopportuni e fuori contesto”, quando è più salutare conservare in
silenzio la nostra opinione personale.
I
momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo vogliono suggerirci di
accettare il “nostro essere insopportabili” in difesa di noi stessi e a scapito
delle aggressioni altrui. Ed ecco che ci ritroviamo ad ordinare,
egoisticamente, al ristorante solo per noi, a non cedere controvoglia alla
condivisione del cibo con gli altri, a ignorare gli sms o a strumentalizzarli
per chiedere ciò che durante una telefonata avremmo pudore di rivendicare.
Strumentalizzare la tecnologia, più di quanto essa strumentalizzi noi e
condizioni le nostre relazioni; questa è la vera vittoria dell’uomo sulle
macchine. Stare al mondo – per Francesco Piccolo – significa anche non
arrendersi ai luoghi e alle scelte civiche e sociali e rivendicare, giusto o
sbagliato che sia, il diritto di operare, criticamente, riflessioni personali
anche se irrazionali e improduttive.
Così, accade d’interrogarsi, quando si
viaggia in treno, sull’utilità di quel martello frangivetro custodito in una
teca di vetro che andrebbe, a sua volta, infranta per divenire funzionale all’uso.
Non è forse questa la difesa estrema dell’esercizio del pensiero critico contro
ogni “logica-sociale”, tale o presunta? Ebbene, Piccolo si appiglia ad essa per
ricordarsi che esiste, pensa autonomamente ed è felice, malgrado gli altri.
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