RECENSIONE
Il Gabbiano di Richard Bach
di Alfonso Saya
 Teresa Mammana, nota
letterata messinese, è riuscita, senza essere in possesso della lingua spagnola
e con l’ausilio di un vocabolario, a tradurre nella nostra lingua un Capolavoro
della letteratura contemporanea che porta il titolo de “Il Gabbiano di Richard
Bach”. È riuscita nell’intento raggiungendo, così, l’obiettivo che si era
prefissa. Ed ha esultato come il gabbiano al suo primo volo. Ha tradotto una
favola bellissima che contiene un messaggio forte e chiaro, un messaggio
evangelico: “Non si vive di solo pane!”. Il Romanzo, difatti, sottolinea ciò
che conta davvero nella vita. Il “volo del gabbiano” non è altro che una
metafora, il distacco, cioè, dalla dimensione orizzontale, dal mondo terreno,
per abbracciare la dimensione verticale della vita, intesa nella sua vera e
propria accezione, come cammino di perfezione, come un tirocinio per imparare a
volare, superando i limiti, i condizionamenti, attraverso l’abnegazione ed il
sacrificio, poiché senza lotta continua e incessante non si raggiunge la meta,
non s’impara a volare, non si può gustare “l’ebbrezza del volo”, non si può
scoprire la bellezza di librarsi nel cielo…; si vivacchia, si sopravvive.
La
trama di questo capolavoro della letteratura contemporanea, difatti, narra la
vicenda di un gabbiano di nome Jonathan (Giovanni), completamente, diverso da
tutti gli altri uccelli che vivono con lui, non si cura solo di procurarsi il
cibo per sopravvivere, ma ha la passione del volo e si allena, costantemente,
per diventare sempre più perfetto e per questo motivo è escluso dagli altri ed
è costretto a vivere “nelle scogliere solitarie”. Vi è l’analogia con il
“Brutto anatroccolo” che diventa “cigno”, raggiunge cioè la perfezione. In
questa bellissima favola, si cela, dicevo, il profondo significato della vita
che è una continua ricerca della libertà che non è fuori, agostinianamente, ma
dentro di noi (“Noli fore exire in te ipsum redi, in interiore homine abitat
veritas”). Appunto, si dice che ciascuno di noi ha un “gabbiano nascosto”, è,
alla ricerca continua, ripeto, della libertà che risiede nella verità, “nel
Figlio del Gran Gabbiano”, cioè nel Figlio di Dio, in Gesù Cristo (“Io sono la
Verità che vi renderà liberi!”).
L’uomo è inquieto, non sa adagiarsi nel vuoto,
nella banalità, nel qualunquismo dilagante, nella noia esistenziale che
attanaglia e tarpa le ali e vuole spiccare il volo come il gabbiano che si
sente diverso dal branco, scopre la bellezza di librarsi nel cielo a differenza
dei suoi compagni ai quali interessa solo poter volare per procurarsi il cibo e
vivacchiare. È un libro bellissimo, profondo… . È un inno a non mollare mai, a
credere sempre, nei valori della vita, capaci di far volare quel gabbiano che è
celato nel nostro cuore.
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