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 martedì 9 giugno 2015

L’INTERVISTA

Richard Bach e il gabbiano Jonathan Livingston

di Maria Schillaci


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“Mai dire mai” nella vita, è proprio vero…, ce lo dimostra il famoso scrittore statunitense Richard Bach, autore del best seller mondiale Il gabbiano Jonathan Livingston.
Richard, per adesso, è molto impegnato nella scrittura di un nuovo libro e racconta di non aver potuto accettare nessuna intervista, ma ha deciso, con molta gentilezza, di rispondere alle domande che leggerete tra queste righe.
Dalle sue bellissime parole si percepisce come “Niente è impossibile”, se solo si ha Fede e si crede davvero in qualcosa con tutto il cuore. Richard lascia davvero a bocca aperta con ciò che ha rivelato... Siete curiosi di saperne di più? Allora vi auguro subito una buona lettura!!!

Cosa ami di più del tuo lavoro di scrittore?
“Lavoro” significa che non devo alzarmi alle sei del mattino. Significa che posso prendere un giorno libero ogni volta che voglio, e significa che c’è una piccola famiglia in giro per il mondo che apprezza le idee che scrivo. La famiglia non deve, necessariamente, essere grande. Tra tutti i lettori sulla Terra, per esempio: giusto una metà della metà della metà di un percento di quei lettori a cui potrebbero piacere i miei libri, è il motivo per cui sarò un autore di best seller!


Come è nata l’idea del libro “Jonathan Livingston”?
Non ci crederai, ma è tutto vero. Quando vivevo vicino al mare e le mie storie erano più spesso “rifiutate” che “pubblicate”, di solito, facevo una passeggiata di notte, da solo. Una notte, quando tutte le strade erano libere da macchine e persone, ho sentito qualcuno dire “Il gabbiano Jonathan Livingston”. Il suono veniva dalla mia destra, a otto passi circa dietro di me.
Sapevo di essere solo, ma ho guardato dietro di me per esserne sicuro. Nessuno! Ho iniziato a spaventarmi un po’, andai subito a casa e chiusi le porte. Non potevo immaginare cosa significasse quel nome, mi sedetti lì, cercando d’immaginarlo. Alla fine, mi arresi, immaginando che quella voce provenisse da qualcuno in una strada diversa. In quel momento, il muro di fronte alla mia scrivania sparì e proprio in quel luogo, sembrava ci fosse un grande schermo panoramico e lì, nel mezzo del mattino volò un piccolo gabbiano. Quello era il gabbiano Jonathan Livingston!
Qualcosa mi disse “Bene, non guardare solo la storia Richard, scrivila!”. È ciò che feci, scrivendo a velocità altissima con una penna a sfera a inchiostro verde su alcuni fogli bianchi.
La storia continuò fin quando il gabbiano Jonathan fu bandito dallo stormo e poi il film scomparve e misi un “muro” dove tutto questo era iniziato. Ho provato a finire la storia, ma niente di fatto. Alla fine, l’ho messa nella mia cartella dei “manoscritti incompleti” e, dopo alcuni mesi, me ne sono dimenticato.
Otto anni dopo, dopo che mi trovavo 1.500 miglia lontano, mi svegliai d’improvviso e lì ci fu il resto della storia! 
L’ho scritta su una macchina da scrivere elettrica.
Lo sapevo, da quando ho amato il piccolo gabbiano, da quando arrivò in modo così strano, che sarebbe stato pubblicato. Non era vero. È stato rifiutato da 18 differenti editori, poi, quando era stato ormai eliminato, proprio quel giorno, mi è arrivata una lettera da un editore che si chiedeva se, per caso, avessi un manoscritto che non era stato promesso a un altro editore. Le ho mandato la storia del gabbiano Jonathan e le è piaciuta! È stata pubblicata da MacMillan.

Puoi dirmi una curiosità su questo famoso bestseller?

La cosa più strana è accaduta. Ci fu poca pubblicità per esso, nessuno comprava il libro. Ma, in qualche modo, dopo un po’ di tempo, ai lettori è piaciuta la storia, loro hanno parlato ad altri della storia del gabbiano e altre persone lo hanno comprato, loro lo hanno detto ad altri e così via. Perché hai scelto il gabbiano come meraviglioso animale “simbolo” del libro? Non ho scelto. Lui mi ha scelto.

Un messaggio che vuoi dare ai lettori di “FiloDirettoNews”?
Mi sembra che i regali che vengono dal nostro cuore, le storie che noi amiamo moltissimo sono dirette, in qualche modo, dai nostri angeli custodi. Il mio lavoro non è mai stato quello di vendere libri, ma scrivere storie che mi hanno toccato. Questo è vero ancora oggi, 55 anni dopo che ho visto quel “film” dove c’era il mio muro.
Penso di non avere molta immaginazione, così i miei spiriti guardiani hanno “progettato” un film da vedere per me. Mi è sembrato che funzionasse. Tempo dopo, ho imparato come immaginare storie e scriverle. Questo funziona ancora per me. Ero e sono ancora una persona semplice. Ho fiducia nelle idee che mi vengono in mente. Non ho mai incontrato molti scrittori. Non so come lavorino. Ma va bene. Credere ai nostri angeli, è una idea potente e un bellissimo modo di vivere. Il mio grazie va a tutti i miei cari e non incontrati amici a Messina!


 


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