STORIA
Messina dalle sue origini (VII parte)
di Filippo Scolareci
 Il tiranno Anassila che era in lite con i capi della città del Peloro, venendo a
conoscenza che i Sami, diretti a Kalè
AKtè avevano fatto sosta nella città tanto decantata da Platone e che diede i
natali al filosofo Timeo, parlamentò con loro e li convinse a cambiare
programma ed occupare Zancle, città molto più importante, in quanto in quel
determinato momento era rimasta quasi priva di difensori. I Sami, tenendo conto della buona
e ghiotta occasione e della interessantissima posizione della città dello
Stretto, gli diedero retta e la invasero impadronendosi (Erotodo, Storie 6,23,1-2;
cfr. Pausania, Periegesi, cit. 4,23,6). Gli Zanclei, appena informati che la
loro città era stata occupata durante la loro assenza proprio dai Sami, corsero
in sua difesa e nel contempo chiesero aiuto al tiranno di Gela dal quale in
effetti loro dipendevano. Certamente Ippocrate accusò Scite per “massima
negligenza” nell’avere lasciato quasi del tutto incustodita la città di Zancle,
ma tentando il tutto per tutto e cercando di potere salvare il salvabile, con
molta spregiudicatezza, Ippocrate giunse ad accordi con i nuovi occupanti,
attraverso reciproci scambi di giuramenti, decidendo tra di loro la spartizione
della città.
Ad Ippocrate andava la metà dei beni mobili, tutto ciò che c’era
nei campi, cioè la “Chora” coltivabile ed il relativo raccolto e tutti gli
schiavi della stessa città, compresi gli stessi cittadini liberi che li
tradusse a Gela trattandoli da veri schiavi, mettendoli tutti in catene. Come
esempio e per punizione inviò Scite e suo fratello Pitogene ad Inico. Ai nuovi
padroni di Zancle venne lasciata tutta quella parte della città relativa ed
attinente al porto, in modo tale che potessero sfruttare benissimo quelle
risorse marine per mezzo delle buone attrezzature già in loro possesso ed
inoltre rimasero nelle loro mani anche i 300 eminenti cittadini che assieme a
Scite amministrarono la città, in modo tale da essere giustiziati, ma i Sami
non lo fecero, anzi si servirono della loro esperienza di amministratori e conoscitori del territorio. Pertanto i Sami, ormai molto
distanti dai Medi, quasi senza combattere e senza avere subito perdite di vite
umane, si trovarono serviti in un piatto d’argento la bellissima ed ambita
città di Zancle, ma a loro volta dovettero riconoscere l’influenza di Gela. Infatti, nelle nuove coniazioni
delle monete emesse dai Sami, relative alla gestione del porto e tutte le attività mercantili in essa
inerenti, si evidenziano benissimo le stesse caratteristiche che riflettono il
sistema metrologico greco e precisamente euboico-attico già in uso a Gela, dove
vengono rappresentate dallo scalpo di leone e dalla prua di una nave.
Dopo che erano ormai passati
diversi secoli di colonizzazione, i cittadini di Zancle avendo quasi assorbito
in modo totale gli usi e costumi del popolo greco ed essendo la sua popolazione
già costituita in massima parte da elementi di origine ellenica, si sentivano,
in modo totale e sotto tutti gli aspetti parte integrante della nazione greca,
pertanto oltre a commerciare e frequentare i lidi dei loro avi, tenevano in
grande considerazione, oltre alla cultura, anche alla cura dell’aspetto fisico
e della salute, tanto da praticare tutti gli sport e gli esercizi ginnici
dell’epoca, come era in uso nella Grecia, tanto da indurli a partecipare anche
alle Olimpiadi, già istituiti nel 776 a. C. in onore del dio Zeus. Infatti, la
storia ci racconta che due messinesi, che praticavano sport, si sono distinti
in modo egregio in discipline diverse, in due giochi olimpici che si
celebrarono ad Olimpia. Leontisco, al quale venne eretta
in suo onore una statua in Olimpia, vinse per due edizioni consecutive, nel 456
e 452 a. C. nella disciplina della “Lotta”, Simmaco (Symmakos) vinse anche lui
per due edizioni consecutive, nel 428 e nel 424 a. C. nella disciplina della
“Corsa” (cfr. “l’enciclopedia delle Olimpiadi” a cura di Elio Trifari).
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