STORIA
Messina dalle sue origini (V parte)
di Filippo Scolareci
 L’intensità e l’incremento degli
scambi, costrinse gli abitanti della città di Zancle ad abbandonare il baratto
e ad adottare la circolazione della moneta, già inventata tra il VII e VI
secolo a. C. in “Lidia”, nell’attuale Turchia, dove la produzione dei pezzi
metallici che venivano fusi e marcati dalle fonderie private attirò
l’attenzione e l’intelligenza del re Creso che ne comprese in pieno
l’importanza, riservando soltanto al proprio Stato tutte le emissioni,
istituendo un controllo diretto sulle officine che fabbricavano pezzi di
elettro (lega di oro e di argento) di forma rotondeggiante e di peso costante
che recavano il marchio reale, a comprova della garanzia del peso e della
purezza della lega che si chiamarono “statere” (che significava peso
standard), pertanto di fatto divennero
le prime monete della storia. Il successo ottenuto dal re Creso,
rendeva più facili gli scambi commerciali, pertanto se ne diffuse l’uso anche
nei paesi vicini come la Persia e la Grecia, i quali, conseguentemente anche ai
loro continui viaggi, sono stati costretti ad adottare questo sistema di
pagamento per facilitare i loro commerci. Certamente, considerando anche i
continui contatti dei greci con le nuove colonie della futura “Magna Grecia”,
non passò molto tempo che questo tipo di pagamento, anche in questi siti, dimostrò in pieno il suo sviluppo e la sua
completa utilità.
Infatti, d’altra parte, la moneta
ebbe un profilo ben preciso non solo come un mezzo di pagamento più comodo e
meno ingombrante, ma anche,come nuovo tipo di ricchezza mobiliare, disponibile
per gli investimenti di volta in volta suggeriti dalle varie situazioni
economiche, conseguentemente al deciso incremento degli scambi e delle attività
industriali ed artigianali già determinatesi in tutte le città greche, le quali
intrapresero rapporti di affari con il nuovo mondo coloniale in modo piuttosto
specifico con quelle marittime, ove ad un’economia chiusa, a carattere quasi
tipicamente agricola, si sostituisce, poco per volta, con quella aperta a
carattere commerciale e industriale. Le prime monete coniate nella
città di Zancle che si riferiscono agli anni 535-525 a. C. sono le Dracma d’argento, che ne attestano la
vocazione marinara e la dimensione “emporica”, le cui prime serie sono state
rinvenute in tesoretti trovati in Egitto, Giordania e persino all’interno
dell’Iran ad Ecbatana. Il lato dritto riporta impresso
nei lembi la falce del porto e nel suo interno un delfino guizzante con la
scritta DANKLE (Zancle), mentre nel suo rovescio viene rappresentato un
quadrato diviso in scomparti ed al centro una conchiglia.
Il primo Messenion, sempre
d’argento, risale al 488-481 a. C. e nel suo lato dritto riporta una testa
leonina, mentre sull’altro profilo viene riportato una testa di toro e la scritta
della città. Nel 478-476 viene invece coniato
il rarissimo Messenion d’oro, che riporta sul lato dritto una lepre in corsa
con la dicitura dorica della Città, il tutto inserito in cerchi di palline,
mentre nel rovescio riporta una biga di mule al trotto con alla guida una
figura muliebre. A questo punto non riteniamo di
continuare nella descrizione del conio posteriore, in quanto abbastanza ampia
risulterebbe la iconografia e la relativa trattazione, in considerazione che
Messina battè moneta quasi ininterrottamente dalla prima data sopra riportata
fino al 1678, assumendo in determinati periodi (durante il periodo
normanno-svevo e quello aragonese) la funzione di sede principale della zecca
del Regno di Sicilia.
Storicamente, per quanto riguarda
il VI secolo a. C., in considerazione della raggiunta ormai opulenza economica della città, non si
riscontrano ulteriori fatti degni di nota, ma proprio per la sua invidiabile
posizione geografica e la sua particolare funzione nello smistamento delle
merci legate all’ampio traffico marittimo che si era venuto a creare, l’inizio
del V secolo a. C. evidenzia, invece, l’interessamento espansionistico da parte
di altre potenti colonie greche della Sicilia ed in modo particolare, tra di
esse si pone principalmente Gela, con il suo tiranno Ippocrate, il quale con
una politica di aggressione si era impadronito già di Naxos, di Lentini e di
Camarina e forse anche Himera, secondo lo storico Conone, ma non confermato
dagli atti storici del periodo.
Lo scopo principale di Ippocrate
era l’unificazione di tutta la grecità della Sicilia Orientale sotto la sua
piena giurisdizione per togliere ai calcidesi il controllo dei traffici che dal
Tirreno raggiungevano oltre alla Grecia, la penisola italica, la Spagna e le
coste settentrionali africane. Ippocrate, dopo avere occupato
Zancle, con l’aiuto del tiranno di Siracusa Gelone (Erodoto, Storie, 7, 154),
insediò come “mounarchos” un suo fidatissimo generale greco di nome Scite, già
tiranno di Coo. Pertanto con questa invasione subita, gli Zanclei divennero
nominalmente alleati, ma in sostanza “sudditi” di Ippocrate. Come per ogni
città da lui conquistata, teneva la citta di Zancle asservita alla sua volontà,
anche con l’appoggio di una parte dei cittadini che aderivano al partito
“dorizzante” e pertanto filogelesi.
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