RECENSIONE
Giovanni Querci – “U carritteri”
di Alfonso Saya
 È questa una poesia che fa
accendere la classica lampadina e fa ricordare, i poeti si richiamano alla
poesia del Pascoli: “O carrettiere che
dai neri monti vieni tranquillo e fosti nella notte/sotto ardui rupi, sopra
aerei ponti…”. Il carrettiere è il simbolo della disponibilità dell’uomo
alla gioia e all’illusione, della sua capacità di sognare e di mantenersi calmo
e sereno anche in mezzo alle amarezze della vita. Questa capacità è tanto più
vera quanto più si è semplici come lo sono
gli umili e i fanciulli. Leggendola, ci si immedesima sulla figura del
carrettiere e sembra di vederlo e di sentirlo cantare gli stornelli d’amore e
rompere il silenzio: “nto cori di la
notti”. I versi del poeta sono delle pennellate e, in essi, c’è tutta la
sua anima vibrante di passione e di amore che descrive un’altra Sicilia, una
Sicilia ancorata alla tradizione, “chi ridi sempri ca so bucca china di suli,
cu l’occhi azzurri di sò celi e di so mari”. Con i suoi versi spontanei,
immediati, pieni di lirismo che escono, davvero, dal cuore, innalza un inno
alla nostra Sicilia che, per secoli come
una sirena, ha incantato e continua a incantare i forestieri che l’anno scelta
e ancor la scelgono, come un loro preferito itinerario, attratti dalla sua
esotica bellezza, per fare “il pieno dei
suoi profumi”.
Il Querci canta la sua
Sicilia, una terra benedetta da Dio, schiusa a mille bellezze il cui simbolo è
il famoso carretto siciliano con le sue sponde istoriate, il simbolo di una
cultura, di una memoria intramontabile, dei bei tempi andati! Il poeta descrive
l’immagine del carrettiere con “la madre
lingua” che è la più vera, la più viva, la più efficace, la più comunicativa e
la vediamo viva, palpitante, accompagnata dal rumore delle ruote del carretto e
quello prodotto da quel “ciapp-ciapp” degli zoccoli del cavallo stanco e mezzo
addormentato, stimolato dalla “zotta”. Gira la ruota della vita! Altri tempi – esclama,
con tanta nostalgia, il poeta – .Non vede più passare per la sua
strada e non sente più questi bellissimi versi, “nta notti la vuci so argintata, amica di la luna e di stiddi”. Il
progresso ha lasciato a terra il carrettiere, gli ha tolto il pane dalla bocca,
gli ha cancellato il canto che gli usciva dal cuore. Il carrettiere di oggi è il
camionista, guida cavalli molto meno affidabili, non può addormentarsi al
volante come il carrettiere del Pascoli che “sognava, ch’era di Natale, e udiva i suoni di una cennamella”, il
sogno si trasformerebbe in tragedia. La cultura e i valori di cui era
portatore sono vivi nei ricordi, sono
una realtà . Il carrettiere – ripeto – è
il simbolo della nostra bella Sicilia, ha profonde radici nella storia sempre
vive nella memoria. Il canto del carrettiere rappresenta una delle espressioni
più importanti della musica etnica siciliana. La poesia è risultata Vincitrice
del primo Premio nella Sezione Dialettale nel Concorso nazionale, Fotografico e
Poetico “Fotografando… Pensieri e Sussuri dell’Anima” di Spadafora (Me); gli ha
consegnato il Premio il gen. Giuseppe Briguglio. .
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