RECENSIONI LIBRARIE
Vincenzo Galvagno – Un sogno realizzato “La casa”
di Alfonso Saya
 In questo inizio del terzo millennio, in
cui si addensano fosche nubi e si leva un grido di angoscia e di dolore per il
sovvertimento e la distruzione di tutti i valori, per il pervertimento e la
violenza in tutte le sue forme, ci si chiede se esistono i genuini araldi della
buona novella ed i seminatori del buon seme.
Scrutando nelle tenebre, che ci avvolgono,
sempre, più fitte, ne troviamo alcuni che cercano di arginare la marea
dilagante del fango, della violenza e del sangue. Fra questi, vi è il poeta e
scrittore Vincenzo Galvagno, che stende le braccia a guisa di una protettrice,
sul nostro mondo disfatto, ed è messaggero di amore e di speranza con le sue
opere, con i suoi saggi, con le sue sillogi, con i suoi racconti come quest’ultimo,
che ho l’onore di presentare. La storia che racconta Vincenzo Galvagno ha per
protagonista “Peppe Spizzica”, un personaggio messinese, un reduce della II
guerra mondiale. Si svolge nel contesto della nostra città, martoriata prima
dai terremoti e poi dal flagello dell’ultima guerra mondiale, negli anni
cinquanta, quando ferveva la ricostruzione. Il nostro personaggio, protagonista
del racconto non trova più la sua casa quando ritorna dopo l’armistizio, nel
1945, liberato dagli inglesi dal campo di concentramento. Trovò, davanti ai
suoi occhi, una montagna di macerie, non poté riabbracciare i suoi cari, rimase
“come fulminato, non aveva più la forza
neanche di piangere..”. Da quel
giorno, ha inizio la sua lunga giornata grigia; una giornata, al dire dello
scrittore, senza tramonto. Fortunatamente, ha avuto la gioia di trovare la
moglie e la figlia.
Grazie all’amicizia del compare “Giacomo Sposa” riuscì a trovare un tugurio,
una topaia ai margini di un torrente, e un lavoro come netturbino, ora chiamato
“operatore ecologico”. Io ricordo questa figura, che è rimasta impressa nella
mia memoria; passava con un sacco sulle spalle, saliva e scendeva le scale
degli appartamenti, da un piano all’altro, seguito da un trillo di un
fischietto, gridando: “Spazza, spazzatura!”.
“Peppe Spizzica” viveva, e in tanti
vivevano come lui, una vita disagiata abitando in quella “topaia” e il suo
sogno era, ovviamente, di avere una casa. Il suo sogno era il sogno di tutti
quelli che vivevano come lui. La loro storia è una storia silenziosa. Questa
umiliante condizione la vivevano in dignitoso silenzio, per cui il Galvagno,
divide la storia di Messina in due parti: la storia ufficiale e quella
silenziosa. È, in questa parte, che grida vergogna verso i politici, che si
sviluppa il contenuto del racconto. I personaggi della storia, che l’autore
descrive, con sapienza psicologica e con l’afflato di un’anima, profondamente,
credente, ricca di umanità, appartengono ai bassifondi e sono emarginati dalla
vita civile.
Il racconto è, quindi, una denuncia
sociale e rivela la sensibilità, e la passione dell’autore si sente, proprio,
vibrare, in questo lungo componimento, che è una memoria storica della nostra
città, per cui si sfoglia con piacere e suscita sentimenti, emozioni; esso fa
rivivere tanti ricordi legati alla giovinezza.
È un quadro che lo scrittore dipinge della Messina degli anni ‘50. Nel
racconto, il nostro scrittore, celebra una pagina gloriosa della nostra città,
definita europea perché è stata la culla dell’Unione del vecchio Continente,
per merito di un illustre concittadino, l’on. Gaetano Martino.
Il nostro Vincenzo Galvagno rivela la propria
visione della vita basata sui valori perenni. La casa sognata dal protagonista,
acquista un valore e significato, di Simbolo
di allegoria, richiama il Verga ed Angelina Lanza, la mistica di Gibilmanna
(La casa sulla montagna). La casa è
il sacrario della famiglia e degli affetti. Il sogno del protagonista di avere
una casa si realizza e la sposa, Donna Nicoletta, inginocchiata davanti al crocifisso,
innalza una bellissima preghiera, che riflette la fede dell’autore ed è il messaggio
che lo scrittore lancia: un messaggio, ripeto, di amore, di pace, di giustizia.
|