venerdì 21 settembre 2018
STAGIONE BALNEARE
Stabilimenti balneari occupano il 60% delle coste sabbiose
di Redazione
 Oltre
il 60% delle coste sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari con
concessioni senza controlli e canoni bassissimi a fronte di guadagni enormi.
Nella Penisola, sono 52.619 le concessioni demaniali marittime ed in continuo
aumento, 19,2 milioni di metri quadri di lidi sottratti alla libera fruizione,
mentre le poche spiagge libere si trovano spesso vicino a foci di fiumi o su
tratti di costa dove la balneazione è vietata. È il quadro del rapporto di
Legambiente “Le spiagge sono di tutti!” per denunciare il fenomeno della
privatizzazione delle coste italiane. In Italia, nonostante gli ottomila
chilometri di costa tra la Penisola, le due isole maggiori e le oltre 800 isole
minori, ogni estate trovare una spiaggia libera è davvero un’impresa. E le
poche che ci sono sono ubicate in porzioni di costa di “Serie B”, vicino alle
foci di fiumi, fossi o fognature e, quindi, dove la balneazione è vietata. Se
si considera un dato medio (sottostimato) di 100 metri lineari per ognuna delle
27mila concessioni esistenti, si può stimare che oltre il 60% delle coste
sabbiose in Italia è occupato da stabilimenti balneari. In alcuni Comuni, si
arriva al 90% di spiagge occupate da concessioni balneari.
Ad
esempio, in Emilia-Romagna solo il 23% della costa presenta spiagge libere, e
in Liguria il 14%, ma i dati sono molto differenti tra le Regioni e nessun
Ministero si occupa di monitorare quanto sta avvenendo. Tra i casi più
incredibili quello di Mondello, poco più di un chilometro e mezzo di sabbia
finissima al 90% in concessione, e pochissimi lidi che consentono il passaggio
alla battigia. A Santa Margherita Ligure gli spazi liberi sono solo l’11% del
totale. E poi in Romagna, a Rimini, dove non si raggiunge nemmeno il 10% di
spiagge libere. A Forte dei Marmi, sono 100 gli stabilimenti su circa 5 km di
costa. A Bacoli, in Campania, il Comune ha previsto che il 20% della costa
debba essere adibito a spiaggia pubblica, ma ad oggi, non siamo nemmeno al 2%.
E
poi c’è il problema dei controlli sulle spiagge date in concessione, dove
spesso si impedisce alle persone di accedere al mare, con veri e propri muri
lunghi chilometri, come sul litorale di Ostia, a Roma. Per questo, Legambiente
chiede una legge quadro nazionale per tutelare gli arenili italiani e i diritti
di tutti i cittadini ad avere lidi liberi, gratuiti e accessibili. Per l’associazione
ambientalista, tale provvedimento dovrebbe prevedere quattro punti chiave:
almeno il 60% delle spiagge deve essere lasciato alla libera fruizione; occorre
premiare la qualità nelle assegnazioni in concessione; definire canoni adeguati
e risorse da utilizzare per la riqualificazione ambientale; garantire controlli
e legalità lungo la costa.
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