COMUNICAZIONE
A Palermo, giornata di formazione per giornalisti promossa dall’ “UCSI” Sicilia, Odg Sicilia e Cong.
di Redazione
 Perché
le brutte notizie hanno sempre maggiore spazio mediatico rispetto a quelle
positive? Quanto influisce negativamente sulla società questo modo di informare
che privilegia la cronaca nera? Come si può migliorare la società se si
continua ad amplificare il male rispetto al bene che viene operato? In realtà,
urge una presa di coscienza, un’adeguata preparazione di chi lavora nell’ambito
dell’informazione, per invertire la rotta della comunicazione “far crescere la
dimensione sociale dell’uomo, favorire la costruzione di una vera cittadinanza”.
L’esortazione a modificare il modo di comunicare, senza rinunciare alla verità
e senza trascurare la sofferenza e il dolore, è rivolta ai giornalisti da Papa
Francesco, in occasione della 51ma
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, quando, nel suo discorso “Comunicare
speranza e fiducia nel nostro tempo”.
Il
pontefice richiama “alla ricerca di uno stile comunicativo aperto e creativo,
che non sia mai disposto a concedere al male un ruolo da protagonista” e invita
“ad offrire narrazioni contrassegnate dalla logica della buona notizia”. L’importanza
della “buona notizia” e il ruolo del giornalismo nella costruzione di una
società migliore, sono stati argomento dell’incontro formativo “Informazione
religiosa: nuovi linguaggi e giornalisti preparati”, organizzato dalla sezione
siciliana dell’“Unione Stampa Cattolica Italiana”, in collaborazione con l’Ordine
dei Giornalisti di Sicilia e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei
Giornalisti. “Essere buoni giornalisti
significa puntare alla verità, ma rispettando le persone, perché il rispetto
della persona è al primo posto”, ha detto il presidente dell’Ordine dei
Giornalisti della Sicilia Giulio Francese, al quale è stata affidata l’apertura
dei lavori e alla sua prima uscita ufficiale dopo l’elezione alla guida dell’Ordine,
presso la sala conferenze nella sede palermitana di Via Bernini.
Francese
– nel sottolineare l’importante ruolo che riveste la formazione professionale –
ha evidenziato, quali punti cardini per esercitare in modo corretto la
professione giornalistica, tre principi enunciati dal Pontefice: “amare la verità, che si traduce nell’essere
onesto con se stesso e con gli altri;
interiorizzare il proprio mestiere, quindi, non fermarsi soltanto al rispetto
del codice deontologico, ma non
cedere ad interessi di parte; rispettare la dignità umana, ovvero criticare nel
pieno rispetto dell’altro”. Due assunti, quello dell’essere innamorati
della verità e quello di un giornalismo costruttivo, sui quali si è soffermato
anche il Presidente dell’“UCSI” Sicilia, Domenico Interdonato. Il mestiere di
giornalista si può riassumere in una sola frase che attiene alla vita di San
Francesco di Sales “essere testimoni della verità e riuscire a trasferire la
verità agli altri –. Ha detto – San
Francesco di Sales era una persona dotta, ma scriveva in maniera semplice,
riuscendo a farsi comprendere da tutti, qualunque fosse il grado di istruzione”.
Interdonato,
che ha ricordato ai presenti l’appuntamento dei festeggiamenti che l’“UCSI” sta
preparando per il 2018, quando Palermo sarà Capitale Italiana della Cultura, ha
condiviso la necessità di una informazione capace di privilegiare le buone
notizie rispetto ai fatti di cronaca nera, “perché
– ha aggiunto – sul bene si costruisce la
società”. E a dispetto di quanto s’insegna ancora oggi nelle scuole di
giornalismo a costruire scalette e menabò sulla regola delle tre S (Sesso,
Sangue e Soldi), Salvo Di Salvo, consigliere nazionale dell’“UCSI”, ha parlato “d’imbarbarimento del giornalismo e della società”,
richiamando i giornalisti al “dovere di
scovare le buone notizie che possono innescare un effetto a catena” e alla “responsabilità morale dei giornalisti
rispetto a quanto accade nel mondo, una responsabilità nei confronti dell’umanità,
in un momento in cui la società stessa va a rotoli”.
La
giornata formativa, moderata da Pino Grasso, responsabile dell’Ufficio delle
comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Palermo, è stata arricchita dagli
interventi dei vaticanisti: Michelangelo Nasca di Vatican Insider, docente alla
guida anche la sezione “UCSI” Palermo, e Alessandra Ferraro giornalista Rai,
autrice del volume “Non guardate la vita dal balcone” (Edito da Elledici). Partendo
dal più antico documento del Nuovo Testamento, una delle Lettere redatte dall’apostolo
Paolo, Nasca ha tracciato un excursus
storico della comunicazione del Vaticano e della Chiesa cattolica a cavallo dei
due secoli, il XX e il XXI, fino a sottolineare il ruolo dei giornalisti
vaticanisti e delle testate e agenzie cattoliche. Se a Papa Montini, negli anni
‘60, quando la Chiesa e il Vaticano non avevano ancora sviluppato alcuna
capacità di dialogo con il mondo esterno, si deve la capacità di intraprendere
sapientemente i primi rapporti diretti con i giornalisti e la concessione della
prima intervista, al Concilio Vaticano II e, in particolare, al Decreto Inter
Mirifica si devono il riconoscimento e la valorizzazione dei media.
Ma
per il professor Nasca la vera rivoluzione nei rapporti tra il Vaticano, i
mezzi di comunicazione e il mondo è operata da Papa Woityla, che non esita a
definire “l’uomo mediaticamente più attenzionato del pianeta”, dal momento
della sua elezione con la celebre frase “se sbaglio mi correggerete”, fino alla
morte quando le telecamere per la prima volta mostrano la salma di un pontefice
al mondo intero. “Papa Giovanni Paolo II
oltrepassò il protocollo e da un Papa Re si passò a un Papa che stava tra la
gente. Con Papa Woityla, la vita del Pontefice non sarà più nascosta al mondo.
Grazie anche al ruolo svolto dal suo portavoce Joaquin Navarro Walls che riuscì
a stabilire e mantenere un collegamento fiduciario tra il Vaticano, la stampa e
il mondo intero”.
A
chiudere gli interventi Alessandra Ferraro che ha illustrato lo stile
comunicativo degli ultimi tre pontefici che ha conosciuto personalmente:
Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Condividendo pienamente la
lettura di Nasca sull’opera di rivoluzione mediatica di Papa Woityla, la
giornalista Rai l’ha ricordato come il pontefice che “lontano dai sacri paletti vaticani, nella tranquillità delle montagne
valdostane, abbandonava la comunicazione formale”; come “l’uomo di grande capacità intuitiva, tanto
da scegliere come suo portavoce, un laico che svolgeva la professione di
medico, che seppe sempre far veicolare il messaggio del vaticano sia ai
giornalisti cattolici che non”.
Senza
mai paragonare i tre papi, Alessandra Ferraro ne ha tracciato il carattere di
ciascuno. “Papa Benedetto XVI uomo mite,
timido, di grande chiarezza e sintesi, con una profondità di pensiero pari a
quella di Papa Woityla, ma non compreso dalla gente, poiché racchiuso negli
stereotipi dei media. Ha compiuto un gesto di grande umiltà e di coraggio:
dimettersi quando le sue forze cominciarono a venir meno. Papa Francesco, a
differenza dei suoi due predecessori, è portavoce di se stesso. Arriva dritto
al cuore della gente grazie alla sua autenticità, che deriva dalla sua
assonanza tra la parola e i fatti. Francesco – ha concluso – piace anche ai laici per il suo vissuto e
perché con il suo linguaggio semplice e diretto si fa comprendere da tutti”.
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